ALBERTO MANZI, MAESTRO DI MODERNITÀ
Con gessetti e carboncini dava forma e grafia a parole i cui suoni per milioni di telespettatori erano familiari, oltre che concretamente esistenti nella realtà. Tutti conoscevano la propria mamma, ma non la parola “mamma”. Tutti avevano una casa, ma non sapevano scrivere “casa”. Alberto Manzi, il maestro Manzi, spuntava dal televisore poco prima di cena ed ecco che prendevano vita vocali, consonanti, voci verbali, aggettivi, nomi comuni e di persona. Perché era il 1960 e non era giusto che la stragrande maggioranza delle persone non sapesse scrivere il proprio nome, dando credito al proprio volto con una X. Si trattava di contadini, lavoranti, casalinghe, anziani che avevano fatto la guerra e sapevano anche raccontarne il dramma, a parole. Ma quelle parole, quelle che utilizzavano tutti i giorni, non sapevano metterle su carta. Grazie a quel maestro robusto, dal sorriso onesto e i modi affabili, che accompagnava ad ogni a parola un disegno esplicativo, però, la loro vita stava cambiando.
Perché il maestro Manzi aveva una vera e propria vocazione. Insegnare ad imparare, a conoscere le cose, a svelare nuovi orizzonti. Cominciò tra i banchi di scuole fatte di ragazzini problematici per finire nella grande aula televisiva di Non è mai troppo tardi, insegnando a leggere e a scrivere a milioni di adulti analfabeti che, dalle antenne della Rai Tv, apprendevano con diligenza, fatica e abnegazione, presentandosi agli esami di quinta elementare con dignità e paura, ma anche con una grande consapevolezza. Quella secondo cui si è sempre in tempo per imparare cose nuove. Alberto Manzi ebbe una vita molto intensa. Il diploma magistrale, quello all’istituto nautico, la laurea in biologia, l’esperienza in marina nella Seconda guerra mondiale, la pubblicazione di libri di narrativa per ragazzi, da Grogh, storia di un castoro a Orzowei, fino ad arrivare all’incarico di sindaco a Pitigliano, il piccolo paese toscano in cui trascorse gli ultimi anni della sua esistenza, prima della scomparsa - avvenuta per un tumore nel dicembre del 1997. Ma nonostante questo, Alberto Manzi rimase sempre, nel profondo, un puro maestro elementare. Uno di quelli che fanno il proprio mestiere per passione, che sanno aguzzare l’ingegno di chi gli sta davanti, in grado di capire quanto un giudizio sommario possa etichettare per sempre una persona, specialmente nella scuola pubblica - fece cronaca la sua ribellione alla valutazione scolastica mediante i giudizi, per cui venne cacciato via. Un maestro, ma anche un uomo, speciale, reso celebre da quella grande esperienza televisiva che non gli fece mai rimpiangere gli alunni “in carne ed ossa” - a cui non smise mai di dedicarsi - e che si configurava come una Didattica a distanza ante litteram che la pandemia da Covid ci ha rivelato quanto possa essere utile. Ebbene, questa nuova frontiera dell’apprendimento la dobbiamo ad Alberto Manzi, nato un secolo fa esatto, figlio di una televisione antica e sperimentale che ha compiuto settant’anni, ma così moderno da essere ancora oggi all’avanguardia.
A.M.M.
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