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ENNIO ANTONELLI: DALLA STORIA AL MITO



-  “‘A Pomata, quante vorte te devo di’ che nun me chiamo Manzotin! Me chiamo Rinaldi Otello!


 - “Sì, tre chili de trippa e due de budello! Co quer nome giusto er macellaro potevi fa’!”


Non credo ci sia qualcuno che non abbia mai ascoltato questo iconico scambio di battute. La seconda la pronuncia Enrico Montesano in uno dei suoi ruoli cinematografici più celebri. La prima, invece, appartiene a un volto ricorrente nella commedia italiana tra gli anni ’70 e ’80. Il film di cui parlo è, naturalmente, “Febbre da cavallo” di Steno, con protagonisti Gigi Proietti, Montesano, Francesco De Rosa e altri nomi di “grido” del cinema, tra blasonati caratteristi come Mario Carotenuto, prestigiose effigi della commedia e del teatro come Adolfo Celi, e bellezze sofisticate come Catherine Spaak. Ma tra questi, nelle vesti di “Manzotin”, macellaio e scommettitore abituale all'ippodromo di Tor di Valle, c’era anche lui, Ennio Antonelli. 






Classe 1927, romano sanguigno,  spalle grosse, braccia possenti, ventre gonfio, volto dal naso schiacciato, da buon ex pugile - era stato un discreto “peso medio” tra gli anni '40 e ’50 -, Ennio Antonelli iniziò a bazzicare per Cinecittà fin dai primi anni ’60, partecipando ai film più disparati, passando dalla commedia al dramma, dalla regia di Mario Amendola a Luigi Comencini e Federico Fellini, specializzato nella ricerca di volti “interessanti”. 



In alto, Ennio Antonelli con Enrico Montesano in "Febbre da cavallo" (1976) di Steno.
In basso, con Paolo Villaggio in "Fantozzi contro tutti" (1980) di Neri Parenti.




Ciononostante, si trattava quasi sempre di genericate: Antonelli era uno dei tanti volti che riempivano lo schermo, facendo da contorno anche a scene importanti. La vera svolta arrivò proprio col personaggio di Manzotin: il povero “martire” di Mandrake e i suoi compari, spiantati e squattrinati perdigiorno alla perenne ricerca di soldi per giocare ai cavalli. Fu proprio grazie a quell’interpretazione che Antonelli passò dalla squadra dei generici a quella dei caratteristi. 



Da sinistra, Paolo Villaggio, Ennio Antonelli e Anna Mazzamauro in "Fracchia la belva umana" (1981) di Neri Parenti.


Tra gli anni ’70 e ’80 apparve in diverse pellicole, soprattutto comiche, comparendo anche nella serie poliziesco-trash con protagonista Tomas Milian nei panni del maresciallo Giraldi. Ma come dimenticarlo in quelli dello zio di Abatantuono, “zio Antunello”, il panettiere di fiducia di Pina Fantozzi in “Fantozzi contro tutti” di Neri Parenti. Oppure in quelli di uno dei rozzi camerieri del ristorante “Gli Incivili” che accoglie Fracchia e la sua amata signorina Corvino (la Mazzamauro) in “Fracchia la belva umana”, sempre di Parenti. O ancora nelle vesti di Morino, bagnino di Forte dei Marmi, a cui Jerry Calà fa i suoi scherzi peggiori in “Sapore di mare” di Carlo Vanzina. 



In alto, Ennio Antonelli con Jerry Cala in "Sapore di mare" (1983) di Carlo Vanzina.
In basso, con Fabrizio Bracconeri nella serie tv "I ragazzi della 3a C" (1987).





Tuttavia ad averlo reso davvero celebre è stata la serie tv “I ragazzi della 3a C”, dove interpretava Spartaco, l'amorevole e "burino" genitore di Bruno Sacchi (Bracconeri). E proprio tra la seconda e la terza stagione della serie (in cui verrà sostituito da Paolo Panelli), Ennio Antonelli venne colpito da un ictus. Era il 1989: due anni dopo, il suo addio al cinema, con un piccolo cameo in “Piedipiatti” di Vanzina. Quindici anni dopo, il 6 agosto 2004, anche l’addio alla vita. Ma l'addio alla storia, quello, non lo darà mai. Perché a vent'anni dalla sua scomparsa, Ennio Antonelli è ancora qui: con il suo turpiloquio, l’aria burbera e l’aspetto sinistro, passato direttamente dai titoli di coda ai saggi cinematografici, dalla Storia al Mito.


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