Passa ai contenuti principali

IL “MITICO” CAPANNELLE


Sono trascorsi cinquant’anni dalla sua morte - era il 9 giugno 1974 -, ma essendo stato, a mio parere, un mito, la sua presenza è ancora viva. Portava il nome di un grande patriota risorgimentale, e a suo modo anch’egli fu un “piccolo” eroe. Ma alle sue “virtù”, alla sua simpatica figura, ai suoi ruoli iconici il nome che si è sempre associato è quello del personaggio che lo tirò fuori dall’ombra consegnandolo per sempre alla storia cinematografica nazionale. 

                                             

                                                                              



Carlo Pisacane, classe 1889, napoletano proprio come l’omonimo patriota della “Spedizione di Sapri”, sarebbe rimasto senza dubbio uno dei tanti piccoli-grandi attori del teatro partenopeo se non avesse incontrato il cinema. O meglio, se il Cinema, quello con la “C” maiuscola, sotto le spoglie di Mario Monicelli, non si fosse imbattuto in quell’ometto gracile, sdentato, dalla testa calva e dagli occhi vispi, perfetto per far parte di una sgangherata banda di scassinatori nella Roma del Dopoguerra. 




Da sinistra, Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman e Carlo Pisacane ne "I soliti ignoti" (1958) di Mario Monicelli.




Era il 1958 quando Carlo Pisacane diventò per sempre “Capannelle”, l’anziano coi calzoni da fantino, l’accento bolognese (grazie alle “corde” di Nico Pepe) e una fame perenne che assieme a Gassman, Mastroianni, Salvatori e Murgia tenta il colpo al Monte di Pietà guadagnandosi un piatto di pasta e ceci. “I soliti ignoti” di Monicelli e il sequel di Loy, “Audace colpo dei soliti ignoti”, diedero a Carlo Pisacane la meritata visibilità dopo una lunga gavetta, passando dalle filodrammatiche napoletane al teatro di rivista, dalla compagnia di Raffaele Viviani a quella dei fratelli De Filippo. Al cinema, in verità, Pisacane aveva esordito negli anni ’30, con Blasetti, ma fu solo alla fine degli anni ’50, grazie al suo “Capannelle”, che riuscì ad emergere, con la saggezza dei suoi anni e la simpatia della sua maschera, quasi sempre la stessa. 



In alto, Carlo Pisacane con Alberto Sordi ne "Il vigile" (1960) di Luigi Zampa.
In basso, con Mario Carotenuto in "Mariti in pericolo" (1961) di Mauro Morassi.






Da eroi di guerra a vetturini, da anziani ladruncoli a monaci, da uscieri ministeriali a osti, “Capannelle” diventò un caratterista ricorrente, passando dalla commedia farsesca al peplum, dal musicarello alla commedia all’italiana che lo aveva lanciato nel firmamento artistico nazionale. 





In alto, da sinistra, Umberto Orsini, Carlo Pisacane e Mina in "Io bacio...tu baci" (1961) di Piero Vivarelli.
In basso, da destra, Gian Maria Volonté, Carlo Pisacane e Vittorio Gassman ne "L'armata Brancaleone" (1966) di Mario Monicelli.





Memorabile nei panni del vecchio ed “eroico” padre del vigile Celletti/Sordi che rischia di perdere la divisa per aver fatto contravvenzione al sindaco/De Sica ne “Il vigile” di Luigi Zampa. 



Carlo Pisacane in "Che cosa sono le nuvole?" (1967) di Pier Paolo Pasolini.




E ancora nei panni dell’ebreo convertito Abacuc che si aggrega alla “trista” carovana di Vittorio Gassman goffo cavaliere medioevale ne “L’armata Brancaleone” di Monicelli. O ancora il burattino Brabanzio, padre di Desdemona nella rivisitazione de “L’Otello” di Shakespeare di Pasolini in “Che cosa sono le nuvole?” (Episodio del film “Capriccio all’italiana”). Ma l'elenco sarebbe troppo lungo e forse anche poco necessario. Basta aggiungere soltanto che tra una commedia e un film d'autore, da una regia di Monicelli a quelle di Zeffirelli e Fellini, l'eccentrico vecchietto dal nome risorgimentale diventò un personaggio quasi mitologico. E, come tutti i miti, immortale.



Commenti

Post popolari in questo blog

C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo conduss
MAURIZIO ARENA, IL PRINCIPE FUSTO Alto, moro, bello. Un fisico scolpito e il sorriso "piacione". Maurizio Arena, giovane divo degli anni '50, scompariva esattamente quarant'anni fa, quando ormai da tempo aveva diradato la sua presenza sul grande schermo. Se ne andò, per un attacco cardiaco, nella notte tra il 20 e il 21 novembre del 1979, nella sua sontuosa villa a Casal Palocco, alla periferia di Roma, dove da qualche tempo svolgeva l'attività di guaritore. Era da poco riapparso in televisione, nella trasmissione Rai "Acquario" condotta da Maurizio Costanzo, per parlare della sua nuova "vita". La sua vita precedente, invece, era quella di un giovanotto aitante che, dal popolare quartiere della Garbatella, a Roma - dove nacque il 26 dicembre 1933 -, era approdato nel mondo del cinema dopo aver svolto diversi mestieri. Il suo esordio risale ai primi anni '50 ma Maurizio Di Lorenzo, in arte Arena, raggiunse la popolarità nazional