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GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA



Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino. 






Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo condussero, dopo la licenza magistrale, al Magistero di Roma, dove affrontò studi filosofico-pedagogici laureandosi in Pedagogia, Peppino Guida si appassionò al teatro - entrando a far parte di una filodrammatica locale - e allo sport, il ciclismo in particolare, disputando diverse competizioni a livello regionale e allenandosi lungo la SS 19, facendo rotta verso le fresche sponde del Lago Sirino o mettendo a dura prova i muscoli pedalando sui ripidi tornanti che conducono al Fortino. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale,  Giuseppe Guida si ritrovò tra i bersaglieri, ma dopo i fatti dell’8 settembre 1943, con l’esercito allo sbando, egli si unì ai partigiani delle Langhe, in Piemonte, partecipando attivamente alla Resistenza. Non solo intelligenza, dunque, ma anche coraggio e determinazione. E ci volle altrettanto coraggio, oltre che amore per la propria terra, per ritornare nei luoghi natii, nonostante avesse la possibilità di rimanere a Roma e con la prospettiva di una carriera migliore. Peppino Guida, invece, rientrò all’ombra del Monte Sirino, nella sua Lagonegro, in un momento storico fondamentale: la Ricostruzione post-bellica. Peppino Guida entrò nelle fila della Democrazia cristiana e venne eletto sindaco della città nel 1946, all’indomani del referendum repubblicano, restando in carica fino al 1952. Tra i suoi meriti, rese possibile la costruzione della SP 26, la rotabile per Moliterno, che collega il Lagonegrese con la Val D’Agri - costeggiando i terreni paterni del Farno. E fu anche tra i pionieri dell’ospedale di Lagonegro, alla fine degli anni ’60. Tuttavia, la sua vera passione rimase fino alla fine l’insegnamento.  Dall’Istituto Magistrale di Lagonegro, di cui fu anche preside, al Liceo Classico di Praia a Mare, dove andò in pensione nel 1980.  Difatti, nei primi anni ’70, Giuseppe Guida decise di lasciare Lagonegro e stabilirsi in Calabria, a Praia a Mare (CS), nei territori di cui era originaria la moglie, Maria Assunta Nicodemo, professoressa anch’ella. Qui in una villetta vista mare, tra gli amati libri, Giuseppe Guida trascorse gli ultimi anni della sua vita, dopo un ulteriore incarico di sindaco (a Praia a Mare) e molti altri alunni da indirizzare alla vita. Ma soprattutto, coltivò la sua passione per la scrittura, nutrita fin dagli anni dell’università. Da bravo esploratore e camminatore (sportivo sempre), oltre che storico, Giuseppe Guida amava scoprire la sua terra e raccontarla. Si occupò a più riprese della storia di Lagonegro, dai tempi antichi fino al suo presente, e poi di altri suoi luoghi del cuore, come Aieta, il paese d’origine della moglie, e Praia a Mare. Passando da eventi storici a monumenti e luoghi religiosi, da caratteristiche orografiche e geografiche a personaggi illustri, dalla prosa alla poesia (dalle sue pagine, spesso, emerge una particolare malia, nella descrizione dei luoghi soprattutto), Giuseppe Guida ha buttato giù capitoli e capitoli di storia del suo territorio, confessando un amore profondo per quei luoghi a lui particolarmente cari. Una passione frenata solo dalla malattia con cui lottò negli ultimi tempi e che se lo portò via trent’anni fa, il 1° giugno 1994. Una passione che condivido anch’io, e non per una questione di parte - sono suo nipote, mia nonna, Assunta Guida, era sua sorella - ma perché io stesso ho affrontato i suoi studi (sono laureato in Filosofia), amo la storia, amo scrivere e sono visceralmente legato alle mie radici e al mio territorio. E per concludere, voglio lasciare proprio a lui la parola, nel descrivere se stesso attraverso l'immagine degli uomini lucani, la loro passione per il territorio ma anche la loro capacità di superare il proprio orizzonte culturale: “Gli uomini amano la terra natia, ma quando si allontanano dalla tranquillità e dalla pace alpestre delle loro contrade ed entrano nelle battaglie quotidiane del lavoro, della cultura e della vita sanno superare il limitato orizzonte del proprio campanile e con la prontezza e l’acutezza d’ingegno, con la tenacia della volontà e con la forza morale dell’onesta coscienza sanno in ogni campo delle umane attività emergere e conquistare i primi posti. Sono uomini tenaci e leali che alimentano nel loro cuore la cara speranza di un migliore avvenire per la loro terra”.

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