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 LILLA BRIGNONE, LA “PRIMA DONNA” DEL TEATRO ITALIANO


Nacque in scena, morì in scena. Possiamo affermarlo con certezza. Perché non passò molto tempo dalla sua ultima, grande esibizione - “Così è (se vi pare)” di Pirandello per la regia di Sepe -, al momento in cui Lilla Brignone se ne andò quarant'anni fa, il 24 marzo 1984, lasciando che il sipario calasse su quel mondo magico, affascinante, illusoriamente reale e realmente illusorio che lei aveva contribuito a rendere tale: il palcoscenico. Ma la futura attrice, le scene, le aveva frequentate fin da giovanissima.



Classe 1913, romana, figlia d’arte, Adelaide Brignone aveva nel sangue l’arte della recitazione e un amore viscerale nei confronti del teatro. Sulle assi di legno, nella compagnia di Kiki Palmer, esordì ventenne e quasi in contemporanea vi fu il suo debutto sul grande schermo, in “Teresa Confalonieri” per la regia del padre, Guido. Ma il cinema, in lunghi anni di carriera, rappresentò soltanto una gradevole parentesi, quasi una boccata d’ossigeno a seguito di continue “immersioni” teatrali. 


Lilla Brignone con Gianni Santuccio ne "Il crogiuolo" di Arthur Miller, regia di Luchino Visconti, 1955.


Per Lilla Brignone, infatti, il teatro ha rappresentato la propria ragion d’essere, il luogo in cui esprimere al meglio se stessa. Il suo volto ossuto, illuminato da uno sguardo intenso e fieramente austero, fu interprete elegante e misurato di figure femminili algide o divertenti, spregiudicate o amorevoli, passando dalle pièce di Goldoni a quelle di Shiller, da Pirandello a Miller, e lavorando con i più grandi interpreti del teatro nazionale: Memo Benassi, Luigi Cimara, Ruggero Ruggeri e Gianni Santucci, suo compagno anche nella vita.


In alto, da destra, Lilla Brignone, Giancarlo Sbragia e Nico Pepe in "Lulu", regia di Giorgio Strehler, 1952.
In basso, Lilla Brignone con Claudio Gora in "Maria Stuarda" di Federico Shiller, regia di Fenoglio, 1968 .


 Lavorò con Strehler, Visconti, Squarzina, Fenoglio, Enriquez e negli ultimi anni con Giancarlo Sepe, a cui offrì  gli ultimi sforzi di una esistenza spesa in scena. Perché è vero, il suo volto, per chi la ricorda ancora, è legato soprattutto alle sue frequenti apparizioni televisive (come dimenticarla nei panni di Agnese, madre di Lucia Mondella/Paola Pitagora nei “Promessi Sposi” di Bolchi). 


Lilla Brignone con Nino Castelnuovo nello sceneggiato Rai "I promessi sposi" (1967) di Sandro Bolchi.


Ma la sua anima è rimasta lì, sulle quinte del palcoscenico. Dal “Piccolo” di Milano all’Eliseo di Roma passando per gli stabili di Torino e Genova (che gli tributò una mostra a pochi mesi dalla scomparsa). Luoghi in cui la sua anima aleggia ancora e dove si guadagnò un titolo, quello di “prima donna” del teatro italiano, ancora oggi specchio del suo immenso talento e di una luminosa carriera.

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