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 VIVIEN LEIGH: IL "DOMANI" NON MUORE MAI


"Dopotutto, domani è un altro giorno". Una frase diventata un modo di dire, con il suo indimenticabile primo piano: un volto di porcellana rigato da lacrime sgorganti dal suo triste sguardo violaceo. Vivien Leigh è per la maggior parte del pubblico Rossella, la protagonista di "Via col vento", un kolossal che ha fatto epoca e che la consacrò per sempre alla fama mondiale. Ma in quella frase di chiosa, Vivien Leigh ha condensato un po' la sua breve e intensa esistenza, volta sempre al domani, a un futuro speranzoso. 



Nata centodieci anni fa - il 5 novembre 1913 - a Darjeeling, in India, da genitori inglesi benestanti, Vivien Leigh frequentò i più prestigiosi collegi europei prima di iscriversi alla Royal Academy of Dramatic Art di Londra, per realizzare il suo sogno: diventare attrice. Esordì al cinema con piccoli ruoli, mostrando subito una grande presenza scenica e un talento senza eguali, ma fu il teatro a darle le maggiori soddisfazioni. 


Vivien Leigh con Clark Gable in "Via col vento" (1939) di Victor Fleming.

Tra le braccia di Clark Gable nel già citato "Via col vento", tra quelle di Marlon Brando in "Un tram che si chiama desiderio", due Oscar adeguati alle sue eccelse doti interpretative, fu Laurence Olivier, suo secondo marito e partner per vent'anni, a stringerla ancora più forte tra amore e onori, passando da Shakespeare a George Bernard Shaw, con successi altalenanti. 


Vivien Leigh e Marlon Brando in "Un tram che si chiama desiderio" (1951) di Elia Kazan.


Ma domani è un altro giorno, e Vivien Leigh ci crede, sempre. Verso la fine degli anni '50 la sua carriera subisce una battuta d'arresto. Crisi depressive, la fine del matrimonio e del sodalizio artistico con Olivier non aiutano di certo a mantenersi su. Ma domani è un altro giorno, e lei continua a lottare. 


Vivien Leigh in scena con Laurence Olivier in "Romeo e Giulietta" di William Shakespeare, nel 1951.


Torna al cinema, in palcoscenico, ma il domani sembra essere sempre più offuscato dalle tenebre dell'infelicità. In precarie condizioni di salute, affetta dall'acuirsi della tubercolosi, Vivien Leigh muore l'8 luglio 1967 nella sua casa di Londra, colta da un malore a soli cinquantaquattro anni. Quelle parole di chiosa, però, un inno alla fiducia e all'ottimismo, persistono ancora nel tempo e nello spazio. Perché domani è un altro giorno e, citando un'altra produzione britannica, il "domani" non muore mai. Anche nella memoria.

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