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 ROCKY MARCIANO, UN'ESISTENZA "IN GUARDIA"


 Era grande, grosso e rude. Gentile nell'animo. Imbattuto alfiere dell'arte "nobile" per definizione. Ancora oggi simbolo di uno sport che insegna a sopportare tutto, ma anche a reagire. Fisico tornito, da muratore per necessità e fame. Muscoli lavorati dalla fatica e dalle risse in strada, pane quotidiano per un italo-americano. 



Nato a Brockton, in Massachussetts, un secolo fa - il 1° settembre 1923 -, figlio di emigrati italiani (padre abruzzese e madre campana), Rocco Francis Marchegiano si avvicinò alla boxe quando capì di avere un destro che non perdona e una forza sovraumana. Privo di grazia, lento nelle azioni, capace di incassare colpi fino all'inverosimile ma anche di picchiare giù duro, Rocco Marchegiano diventò Rocky Marciano, l'eroe della boxe, l'Hercules del XX secolo, laureandosi campione dei pesi massimi nel 1952, mettendo al tappeto il campione J. Joe Walcott. Fino al 1956, in appena quattro anni, disputò quarantanove match, vincendo gran parte delle volte per K.O. e appendendo i guantoni al chiodo senza aver mai perso sul ring. L'unica sconfitta fu quella con la vita. Quella vita tranquilla e dignitosa difesa a pugni, subiti e assestati sul ring, per crescere bene una figlia e accudire una moglie. Una vita sfumata nei cieli della Iowa il 31 agosto 1969, in un tragico incidente aereo, il giorno prima del suo quarantaseiesimo compleanno. L'unico colpo gobbo di una tenace esistenza, vissuta "in guardia" e diventata leggenda.

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