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 GENE KELLY, L'UOMO CHE DANZAVA (E CANTAVA) SOTTO LA PIOGGIA


 L'ombrello nella mano sinistra e la destra aggrappata ad un lampione, sotto una pioggia scrosciante, cantando a squarciagola sopra una musichetta indimenticabile. Dire Gene Kelly significa dire pochi minuti di un film diventato leggenda. Perché magari molti non hanno mai visto "Singin' in the Rain" ("Cantando sotto la pioggia"), ma quella canzone, quella scena superba, di una folle danza magistralmente preparata ad ogni passo, la conoscono tutti. Eugene "Gene" Curran Kelly è stato il più grande artista del musical americano. Anche più di Fred Astaire, col quale lavorò e al quale, va detto, non riuscì a rubare del tutto la scena solo perché decise di lasciargli campo libero. Era la fine degli anni '60 quando Gene Kelly appese le scarpette da tip-tap al chiodo, per dedicarsi alla sola regia. 


Gene Kelly nella celebre scena di "Cantando sotto la pioggia" (1952).


La conclusione di una storia cominciata in Pennsylvania - dove egli nacque centodieci anni fa, il 23 agosto 1912 - quando iniziò a muovere i primi passi di danza, prima di fondare una scuola di ballo insieme al fratello, per aiutare il papà, venditore di grammofoni, colpito dalla "grande depressione" del '29. Fece i mestieri più disparati, frequentò l'università, prese una laurea in giornalismo ma la passione per la danza lo portò fino a Broadway, dove riuscì ad ottenere un posto come coreografo. Da lì, Kelly arrivò a New York, approdò al cinema e il resto è storia. "Due marinai e una ragazza" con Frank Sinatra,  "Un giorno a New York" - diretto insieme a Stanley Donen, come "Cantando sotto la pioggia" - e "Un americano a Parigi" sono i principali musical che hanno fatto di Gene Kelly una celebrità e non solo per il suo fisico (atletico e armonico) e la sua presenza scenica ma anche per la sua bravura e la sua simpatia, tali da far dichiarare finita un'era dopo il suo ritiro. Una fine segnata definitivamente dalla sua morte, quando un ictus se lo portò via il 2 febbraio 1996, lasciando un gran vuoto. Però, di lui, nessuno si è mai dimenticato, anche solo per via di quella famosa scena. Perché quando qualche goccia di pioggia cade giù dal cielo e si è felici, verrebbe voglia di chiudere l'ombrello e danzare al ritmo del tip-tap come faceva lui. E non importa se non si riuscirà mai ad eguagliarlo, perché esiste il ricordo. Il ricordo di un uomo che ha danzato in tutti i modi possibili e che quando lo fece sotto la pioggia entrò di diritto negli annali della storia mondiale: cinematografia, musicale e culturale.

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