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 FRANCESCO DE ROSA, PARABOLA DI UNA "MASCHERA" PERDUTA



- " 'A Poma', so' Felice!"

 - " Sì, e beato te che sei felice!"


Questo scambio di battute al telefono tra Armando Feroci detto "Er Pomata", interpretato da Enrico Montesano, e il suo amico Felice, interpretato da Francesco De Rosa, è forse uno dei più celebri di "Febbre da cavallo", il cult diretto da Steno nel 1976. Ma quella ironica risposta di Montesano, ironia del destino, si trasformò in un involontario sfottò nei confronti di un attore verso cui la vita, probabilmente, non fu troppo magnanima. Perché Francesco De Rosa, caratterista napoletano, avrebbe compiuto oggi settant'anni - era nato il 25 maggio 1952 - se solo non si fosse tolto la vita, il 2 dicembre 2004, impiccandosi nel suo appartamento nel centro storico di Perugia.




De Rosa è stato forse uno degli ultimi eredi della tradizione artistica partenopea,  portando sul grande schermo personaggi che, già alla fine degli anni '70, erano merce rara. Piccolo di statura, gracile, un volto oblungo dalla mascella sporgente e naso adunco, iniziò a calcare i palcoscenici della sua città, Napoli, proponendo "macchiette" e spesso cimentandosi nelle imitazioni di Totò, che ricordava molto nei tratti somatici. E non è un caso che, nel 1985, Francesco De Rosa sia stato chiamato ad interpretare Augusto Cruciani ne "I soliti ignoti vent'anni dopo" di Todini, figlio del grande Dante Cruciani, l'esperto in apertura di casseforti nel capolavoro di Monicelli di cui questa pellicola fu un poco fortunato sequel, con protagonista tre storici "ignoti": Marcello Mastroianni, Vittorio Gassman e Tiberio Murgia.


In alto, Francesco De Rosa con Bud Spencer in "Piedone a Hong Kong" (1975).
In basso, con Gigi Proietti ed Enrico Montesano in "Febbre da cavallo" (1976). Entrambi i film sono diretti da Steno.


Ma il suo esordio sul grande schermo avvenne nel 1975 in "Piedone a Hong Kong", in cui interpretava "Manidoro", borseggiatore napoletano emigrato in Cina che offre un prezioso aiuto al conterraneo commissario Rizzo/Bud Spencer nelle sue indagini. Quel film era diretto da Steno, lo stesso regista che un anno dopo consacrerà De Rosa alla popolarità nazionale affiancandolo a Gigi Proietti e Montesano nel sopracitato "Febbre da cavallo", dove era appunto Felice, parcheggiatore autorizzato e socio della premiata ditta di Mandrake, con "investimenti" (perennemente in perdita) nel mondo delle corse. Altro ruolo celebre fu quello di Gigino "venditore di bare a rate" che si ostinava a voler rifilare, da vivo, una cassa da morto all'esimio professor Bellavista/De Crescenzo in quel piccolo capolavoro di napoletanità che fu "Così parlò Bellavista" (1984), diretto dallo stesso De Crescenzo. 


In alto, da destra, Francesco De Rosa con Luciano De Crescenzo e Sergio Solli in "Così parlò Bellavista" (1984) di Luciano de Crescenzo.
In basso, con Vittorio Gassman ne "I soliti ignoti vent'anni dopo" (1985) di Amanzio Todini.


Ma lavorò anche in pellicole di tenore diverso, diretto da registi come Marco Bellocchio e Federico Fellini, che gli offrì un ruolo nel suo "Casanova" (1976). Ciononostante, la sua carriera non riuscì mai a decollare. Con il passare degli anni le occasioni divennero sempre meno. Francesco De Rosa visse anche un periodo di profonda depressione, probabilmente legato al fatto che non riusciva a trovare ingaggi. Nel 2002, quando i fratelli Vanzina, i figli di Steno, realizzarono "Febbre da Cavallo - La Mandrakata", sequel del già citato film, richiamarono Proietti e Montesano (quest'ultimo in un piccolo cameo) ma non De Rosa, che di fatto non venne minimamente citato nella pellicola. Quali siano stati i motivi che abbiano condotto l'attore al suicidio, comunque, non possiamo saperlo. Sta di fatto che pochi mesi dopo la sua ultima apparizione sul grande schermo - ne "La passione di Cristo" di Mel Gibson - Francesco De Rosa, a soli cinquantadue anni, decise di farla finita. Noi però, non vogliamo ricordare questo di lui. Noi vogliamo ricordarci del suo volto buffo, dei suoi personaggi iconici costruiti con sapiente maestria. Vogliamo ricordarci di Francesco De Rosa quando era "Felice", come il suo personaggio più celebre e amato. Una delle sue indimenticabili "maschere" specchio di una comicità ormai lontana come il ricordo di un uomo e di un attore che avrebbe meritato di più.

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