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 PIPPO BARZIZZA, "PRODIGI" DI NOTE

 

Era un "maestro" vero. Di quelli che sapevano insegnare. Insegnare a divertirsi, a sognare, a gioire. Erano gli anni '30, quelli del Fascismo e dell'autarchia, ma dai microfoni dell'Eiar, il maestro Pippo Barzizza e la sua orchestra sapevano consolare il popolo con quelle melodie ispirate alle "proibite" musiche d'oltreoceano. Il jazz, lo swing, accompagnarono Barzizza lungo tutta la sua esistenza, dai locali genovesi alle tournée mondiali. Si dice che imparò la musica a soli sei anni, prima ancora di saper scrivere. Si diplomò precocemente in violino per poi imparare a suonare, da solo, molteplici strumenti, passando dal pianoforte alla fisarmonica e ai fiati, specialmente il sax. E proprio i fiati, così "estranei" alla musica del tempo, divennero la presenza costante nelle sue orchestre, prima la Blue Star, poi la Cetra. 



Dai locali notturni della sua Genova - dove nacque il 15 maggio 1902 - ai più rinomati d'Europa e d'America, Pippo Barzizza approdò alla sede Eiar di Torino negli anni '30 con l'Orchestra Cetra, dando vita ad una sfida all'ultima nota con un altro "maestro", Cinico Angelini, fautore di una musica più "italica" e meno audace. 


Pippo Barzizza (al centro, di spalle) e l'Orchestra Cetra.


Erano anni difficili e dagli altoparlanti radiofonici le musiche di Barzizza portavano un po' d'allegria e spensieratezza, accompagnate da voci soavi come quelle di Alberto Rabagliati, Natalino Otto e il Trio Lescano. Lo scoppio della Seconda guerra mondiale sembrò interrompere tutto però, con la Ricostruzione, Pippo Barzizza era lì pronto a ricominciare. 


Pippo Barzizza con Alberto Rabagliati.


Lo fece ancora con la radio, ma soprattutto col cinema, come autore di colonne sonore. Realizzò brillanti e simpatiche melodie per i più bei film di Totò (da "I due orfanelli" a "Un turco napoletano" passando per "Fifa e Arena"), accanto al quale brillava per bellezza e talento sua figlia, Isa Barzizza, al tempo celebre attrice nonché soubrette della rivista. 


Isa Barzizza raffigurata sulla locandina di "Fifa Arena" (1948) di Mario Mattòli, uno dei celebri film di Totò musicati dal padre.


Poi, agli inizi degli anni '60, un brutto infarto lo costrinse ad abbandonare le scene. Gli ultimi trent'anni di vita li trascorse nella sua casa di Sanremo, accudito dall'amata moglie Tatina e dai suoi numerosi cani e gatti. A fargli compagnia, però, ci furono anche le sue note. Si dedicò all'insegnamento del canto e della musica, accogliendo schiere di allievi desiderosi di apprenderne i segreti. Consigli preziosi per una carriera brillante, come la sua, per quanto offuscata dall'oblio del tempo e quasi del tutto dimenticata al momento della sua scomparsa - avvenuta il 4 aprile 1994. Ed è un peccato. È un peccato che quella musica così gioviale sia oggi ignorata dai più. Però non ci vuole molto per rimediare. Basta cercare uno di quei brani ("Quel motivetto che mi piace tanto", "Domani", "Tornerai", "La canzone del boscaiolo") per ritrovare il ritmo, la dolcezza e l'euforia di epoche remote. Ecco, a centoventi anni dalla sua nascita, credo sia questo il più bel modo per ricordarlo. Riascoltare le sue note prodigiose e tornare a sognare.

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