Passa ai contenuti principali

 BEPPE FENOGLIO: STORIE DI (R)ESISTENZA


 I paesaggi delle Langhe e la lotta partigiana. Due temi soltanto, ma quanto basta per guadagnarsi un posto negli annali della letteratura e nel cuore dei lettori. Beppe Fenoglio non era uno scrittore di "grido". Certo al momento della sua improvvisa scomparsa - avvenuta per un male incurabile il 18 febbraio 1963 -, aveva già raggiunto un discreto successo, qualche premio, ma era lui il primo a definirsi uno scrittore "dilettante", non professionista. Infatti, lavorava in un'azienda vinicola del cuneese, nella sua amata Alba. La città in cui nacque esattamente un secolo fa e in cui si svolse la sua esistenza, tra la passione per i libri e la scrittura. 



Proprio lì, tra boschi e campi, si muovono i personaggi dei suoi racconti: storie di lotta e di libertà negli anni bui della guerra. Quella stessa guerra che, nel 1943, aveva strappato Fenoglio dalla Facoltà di Lettere all'Università di Torino, mandandolo a Roma alla Scuola Ufficiali. Poi, però, arrivò l'8 settembre, l'esercito fu lasciato in balia di se stesso e Beppe Fenoglio, ancora allievo, riuscì a defilarsi ritornando nella sua città e prendendo contatti con i partigiani. Come il partigiano Johnny, protagonista del suo romanzo autobiografico. Un romanzo - incompleto e pubblicato solo dopo la sua morte - venuto fuori dopo "I ventitré giorni della città di Alba", "La malora", "Primavera di bellezza" - in cui è presente già Johnny -, "Un giorno di fuoco" e "Una questione privata" (pubblicato due mesi dopo la sua scomparsa). Racconti che, seppur nella finzione narrativa, svelavano un mondo vissuto realmente da Fenoglio e rimastogli per sempre nel cuore.  Un modo di ideali, di libertà, di coraggio, che Fenoglio si divertiva a raccontare. Perché, lo dicevamo, Beppe Fenoglio non si definiva un professionista della scrittura. Lo è stato, e secondo alcuni anche il migliore nel panorama dei racconti sulla guerra e sulla Resistenza. Ma è stato principalmente un narratore. Un narratore di storie. Storie di esistenza e di resistenza.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...