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 GIULIO MARCHETTI, L'ELEGANZA DI UN SORRISO


Alto, elegante, sorridente. Brillante come quei personaggi portati in palcoscenico per più di vent'anni. Raffinato come le sue caratterizzazioni cinematografiche: ruoli marginali, per lo più comici,  resi visibili dalla sua presenza e dalla sua prestanza fisica. Giulio Marchetti è uno di quegli artisti caduti nell'oblio del tempo, nonostante una lunghissima carriera probabilmente "predestinata". Egli era infatti figlio d'arte. Suo padre era un direttore d'operetta e di rivista, sua madre una soprano. Nacque il 9 giugno 1911, a Barcellona, dove la compagnia paterna era impegnata in una tournée




Giulio Marchetti, tuttavia, visse in Italia, dove rientrò con la famiglia prima dello scoppio della Prima guerra mondiale. Studiò in un collegio, a Bologna, fino alla licenza liceale, e per quanto i genitori volessero avviarlo ad una professione "solida", lui decise di seguire le loro orme. Capì ben presto che il palcoscenico era anche il suo regno. Cominciò come ballerino di tip-tap, poi passò al varietà e alla rivista, portando in scena tutto il suo charme e la sua eleganza. Dagli anni '40 agli anni '50, divenne tra i più quotati attori brillanti della sua generazione, dividendo la scena con comici come Macario e Totò, in riviste di Amendola e Maccari oppure di Galdieri. Frequentò le compagnie più prestigiose, esibendosi nei teatri di mezza Italia.


Giulio Marchetti con Macario negli anni '50.


Alla fine degli anni '40, poi, arrivò anche il cinema. Esordì in "Fifa e Arena" (1948) di Mattòli, accanto a Totò, e di lui fu spesso partner in molti altri film di successo, come "Totò diabolicus" (1962) di Steno. Ruoli piccoli, spesso limitati a brevi sequenze, ma in grado di mettere in luce tutto il suo talento. Quello di un interprete elegante, del "serio" contro il "faceto" del comico grottesco di turno. 


Giulio Marchetti con Totò in "Totò diabolicus" (1962) di Steno.


Ma un sodalizio molto importante fu quello con un altro grande comico nostrano, Pietro De Vico. Marchetti cominciò a calcare le scene con lui fin dagli anni '40, prima col Trio De Vico, poi nella compagnia che De Vico fondò con sua moglie, l'attrice Anna Campori. E proprio quest'ultima, Marchetti e De Vico diedero vita ad un terzetto che fece la fortuna della televisione degli inizi. La celebre trasmissione "Giovanna, la nonna del Corsaro Nero" (1961-1966) consacrò quel trio alla storia. 


Da sinistra, Giulio Marchetti, Anna Campori, Vinicio Sofia e Pietro De Vico in "Giovanna, la nonna del Corsaro Nero".


Nei panni di Battista, il maggiordomo della nonna Giovanna/Campori, in perenne battibecco col nostromo Nicolino/De Vico, Giulio Marchetti ottenne una grande popolarità, forse superata soltanto dalla sua rinascita quale conduttore alla fine degli anni '60, quando la sua elegante figura si legò per quattordici anni alla celebre trasmissione televisiva "Giochi senza frontiere". Parlando correttamente ben cinque lingue, venne scelto da Ugo Zatterin quale presentatore di un gioco che "univa" l'Europa prima ancora che lo facesse la politica. 

E fu quello il suo ultimo impegno con lo spettacolo. Alla fine degli anni '70, infatti, la conduzione del programma venne affidata ad Ettore Andenna e Marchetti decise di ritirarsi  definitivamente. Chiuse anche una stazione di servizio che, fin dal 1960, accoglieva gli automobilisti romani in Corso Francia, e si stabilì sul litorale laziale, a Terracina, assieme alla moglie Trude Kesner. 


Giulio Marchetti con Rosanna Vaudetti in "Giochi senza frontiere" (1975).


Lì, nella tranquillità di quell'oasi a pochi passi dalla metropoli tentacolare, Giulio Marchetti se ne andò il 1° dicembre 1993, con la discrezione che lo ha sempre contraddistinto.

E forse, proprio quella discrezione ha portato il suo "mondo" a dimenticarsi di lui, della sua arte e della sua raffinata figura. Elegante e spiritosa come poche, gioiosa come le platee del varietà del Dopoguerra, quel "mondo" in cui era cresciuto, tra comici e soubrette, tra canovacci e improvvisazioni. Un mondo che ritenevo giusto omaggiare proprio con il suo sorriso, in occasione dei centodieci anni dalla sua nascita.

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