Passa ai contenuti principali

 CARLO DAPPORTO, GIOIOSO VIVEUR DA PALCOSCENICO


  Un sorriso splendente sotto gli occhietti vispi e le sopracciglia diabolicamente arcuate. La testa imbrillantinata, lucida ed elegante come gli abiti sfoggiati ad ogni occasione. Carlo Dapporto era così: un concentrato di allegria e stile, propri di quell'arte che negli anni '30 lo aveva visto emergere nei panni di viveur dalla battuta pronta, ammiccante e bugiardo, ma sempre raffinato e mai volgare.





Sui palcoscenici e nei locali della riviera ligure, dove nacque, nella "città dei fiori", il 26 giugno 1911, Carlo Dapporto mosse i primi passi di una carriera che lo avrebbe portato lontano, cantando, ballando, recitando e raccontando gustose barzellette. Lui, figlio di un calzolaio e di una casalinga, dopo aver compiuto i mestieri più disparati, consacrò se stesso all'arte del palcoscenico, trasferendosi a Milano con la speranza di conquistare tutti col suo fascino.


Carlo Dapporto con Delia Scala in "Giove in doppiopetto"(1950) di Garinei & Giovannini.


Perché quella bocca grande e brillante come la sua comicità, prima ancora di apparire con disinvoltura sul piccolo schermo per pubblicizzare alcuni dentifrici in memorabili spot di Carosello, fu la fortuna del varietà e del teatro leggero. Cominciò con la compagnia di Vivienne D'Arys, dove in coppia con Carlo Campanini riproponeva le gag di Stanlio e Ollio. Partecipò a riviste di Galdieri, Scarnicci e Tarabusi, Verde e Broccoli, Garinei & Giovannini (memorabile in "Giove in doppiopetto"), dividendo la scena con soubrette come Delia Scala, Lauretta Masiero, Grazia Maria Spina e, prima di loro, con la "Wandissima" Osiris.


In alto, Carlo Dapporto con Ubaldo Lay ne "Il vedovo allegro" (1950) di Mario Mattòli.
In basso, con Raimondo Vianello in "Scandali al mare" (1961) di Marino Girolami.



Ma la sua elegante figura, dagli anni '50, apparve anche sul grande schermo, dove portò la sua simpatia e la raffinata verve in pellicole dirette da registi quali Mario Mattòli (di cui fu protagonista ne "Il vedovo allegro") e Marino Girolami, accanto ad artisti del calibro di Raimondo Vianello e Mario Carotenuto. Nel 1973, poi, venne chiamato da Alberto Sordi per un piccolo cameo di se stesso in "Polvere di stelle": un omaggio a quel mondo di lazzi e lustrini a cui Dapporto rimase legato per tutta la vita.


Carlo Dapporto ne "La famiglia" (1987) di Ettore Scola.

        

Tuttavia, la sua migliore interpretazione cinematografica la diede alla fine della sua carriera, ne "La famiglia" (1987) di Ettore Scola, dove recitò accanto a Vittorio Gassman e a suo figlio Massimo, anch'egli attore e doppiatore. Fu il suo ultimo regalo al pubblico prima di volare via, il 1° ottobre 1989, in una clinica romana dove era stato ricoverato pochi giorni prima.

Forse, a centodieci anni dalla sua nascita, la sua immagine non sarà nitida ai più, ma il suo sorriso, il suo charme e la sua ironia sono impressi nella storia dello spettacolo nazionale e ci resteranno. Perché Carlo Dapporto era un artista e la sua arte è eternamente attuale.



Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...