Passa ai contenuti principali
SIMONE SIGNORET: ANIMA PARISIENNE


 La Rive gauche, la rivoluzione culturale e politica, l'esistenzialismo. Sartre e Prévert, Charles Aznavour e Juliette Gréco. Era questa la Parigi in cui si formò Simone Signoret, attrice francese di fama mondiale, interprete di personaggi femminili ancora oggi amati: prostitute e donne fatali, figure tormentate e desiderose di vivere in piena autonomia. Proprio come lei, figlia di padre ebreo di origini polacche e di madre francese, nata nella Germania occupata dai francesi, a Wiesbaden, il 25 marzo 1921. 



Aveva solo dieci anni quando si trasferì con la famiglia nella "Ville Lumière", e lì, praticamente, trascorse il resto della sua vita. Bella, bionda, sensuale, divenne per tutti "Casco d'oro" come Marie, la prostituta da lei interpretata nel film di Jacques Becker, nel 1952. 


Simone Signoret e Serge Reggiani in "Casco d'oro" (1952) di Jacques Becker.


Fu quel personaggio, più di altri, ad identificare Simone Kaminker, in arte Signoret (cognome della madre), col ruolo di donna passionale e decisa. Qualità che possedeva davvero. Accanto al suo grande amore, Yves Montand - al secolo Ivo Livi, toscano trapiantato in Francia da bambino e divenuto un cantante-attore di quella Parigi lì -, la Signoret condusse una vita "impegnata" non solo dal punto di vista artistico ma anche socio-politico. 


In alto, Simone Signoret con Vèra Clouzot ne "I diabolici" (1955) di Henri-Georges Clouzot.
In basso, con 
Laurence Harvey in "La strada dei quartieri alti" (1959) di Jack Clayton.  




Dopo aver divorziato dal precedente marito - il regista Yves Allégret, da cui ebbe la figlia Catherine -, si sposarono nel 1951 e non si lasciarono più fino alla morte di lei. Sullo sfondo dell'amore e di un concreto impegno politico, Simone Signoret continuò a recitare portando in scena donne come lei: caparbie, sensuali, fragili e forti allo stesso tempo. Che fossero ragazze di vita, amanti appassionate o femme senza scrupoli, in pellicole come "Teresa Raquin", "I diabolici", "Le vergini di Salem" oppure "Adua e le compagne" di Antonio Pietrangeli, girato in Italia, nel 1960, accanto a Marcello Mastroianni e Sandra Milo. In quello stesso anno, però, la Signoret e Montand si recarono negli Stati Uniti per ritirare l'Oscar che lei aveva vinto per la sua interpretazione ne "La strada dei quartieri alti", di Jack Clayton. Lì intrecciarono un importante amicizia con Marilyn Monroe e il suo marito d'allora, il drammaturgo Arthur Miller. 


Da sinistra, Marcello Mastroianni, Sandra Milo e Simone Signoret in "Adua e le compagne" (1960) di Antonio Pietrangeli.

Mentre Simone tornò in Francia per lavoro, Montand rimase in America per girare un film con la Monroe. Fu così che tra i due, sul set di "Facciamo l'amore" (galeotto fu il titolo, oserei dire) scoppiò la passione. La loro relazione venne alla luce ma la Signoret non fece una piega. Dopotutto, la loro felicità era continuamente minata dai tradimenti di lui. Ma il loro amore, quel legame non solo sentimentale ma anche spirituale e "sociale", era più forte di qualsiasi altra cosa.


Simone Signoret con Alain Delon ne "L'evaso" (1971) di Pierre Granier-Deferre.


Nel frattempo, Simone Signoret proseguì la sua sfavillante carriera. Alla fine degli anni '60 girò alcuni film negli Stati Uniti, condivise la scena con illustri conterranei come Jean Gabin e Alain Delon  ("Le chat - L'implacabile uomo di Saint Germain"  e "L'evaso") ottenendo ancora prestigiosi premi e riconoscimenti, riuscendo a trovare anche nuovi personaggi a lei congeniali, a dispetto di una bellezza che cominciava a sfiorire.


Simone Signoret con il suo grande amore, Yves Montand.


Tuttavia gli ultimi anni della sua vita (in cui si dedicò anche alla scrittura) non furono semplici. Pur continuando a lavorare quasi fino alla fine, infatti, l'abuso d'alcol e la malattia (un cancro) iniziarono a spegnerla lentamente fino a quando, il 30 settembre 1985, se ne andò, nella sua amata villa di Autheuil-Authouillet, in Normandia.

Ciononostante, ad un secolo dalla nascita, Simone Signoret rimane tra le più grandi attrici di sempre, in grado di conciliare talento e fascino, sensualità e determinazione, con risultati lodevoli. Ma soprattutto, una donna tenace, fiera e libera, proprio come quella città a cui, dopotutto, la sua anima rimase per sempre legata.



Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...
GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...