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 "SCINTILLE" DI STORIA PARTENOPEA 


 Lo sferragliare in mezzo al traffico, facendosi largo con l'inconfondibile scampanellio. Girare in lungo e in largo per la città, dal Vomero a Fuorigrotta, da Bagnoli a San Giovanni, passando per Poggioreale. Alcune di queste immagini risalgono a più di cinquant'anni fa, altre ad anni recenti. Sono istantanee entrate nella memoria collettiva. Elementi del paesaggio napoletano oserei dire, quasi come il Vesuvio e il "Jolly Hotel", che sembra si sfidino a chi "solletica" di più le nuvole. Anche i vecchi tram, con i trolley che correvano lungo fili quasi invisibili, su rotaie spesso "selvaggiamente" occupate da auto in sosta e cassonetti, fanno parte della scenografia della Napoli più bella. Il secolo scorso li ha visti assoluti protagonisti del trasporto pubblico, prima affiancati dai filobus, poi da autobus a gasolio che li hanno progressivamente soppiantati.




È di pochi giorni fa la notizia che l'ANM, l'azienda del trasporto cittadino, ha deciso di vendere alcuni dei vecchi tram al prezzo base di poco più di tremila euro. Come molti di voi sapranno, il locale trasporto tranviario negli ultimi anni ha subito drastiche riduzioni. A partire dal 2004, con l'arrivo dei moderni Sirio (tram di nuova concezione), alcune linee sono state intensificate altre progressivamente ridotte, e quelle attualmente superstiti sono state frequentemente oggetto di interruzioni (durate mesi se non anni) a causa di lavori stradali.

Da poco la circolazione su rotaie è ripresa regolarmente, ma ad essere utilizzati sono soltanto i moderni Sirio, non i vecchi "parallelepipedi" arancioni legati alla mia infanzia: vissuta appena in tempo per vedere le vecchie aste di captazione prima che venissero sostituite dai pantografi di derivazione ferroviaria. Quando volevo fare il tranviere e amavo stare alle spalle del conducente facendo finta di guidare.

 Ma chi in testa ha parecchi capelli bianchi ricorderà ancora i vecchi tram grigio-verdi (come il 1029, da alcuni anni restaurato nella livrea originaria): quelli alle cui terga, aggrappati alla "rotella"  - collegata tramite cavo d'acciaio all'asta di captazione della corrente -, si sistemavano gli "scugnizzi" per viaggiare gratis, quando c'era ancora il bigliettaio a bordo.

Io, invece, sono salito a bordo la prima volta quando era appena nata l'ANM (sostituendo la vecchia ATAN) e c'era già l'obliteratore automatico per il ticket, ma i tram facevano ancora parte della quotidianità partenopea, con le loro vibrazioni metalliche, il "drin drin" che ne annunciava la presenza, e la gente ammassata a bordo (l'unica cosa che, forse, non è cambiata). Ed ora tutto questo sembra destinato a finire, per sempre. L'ANM ha assicurato che solo una parte del parco mezzi (tra cui alcuni non marcianti) verrà venduta, ma sta di fatto che - a quanto ho potuto constatare - di vecchi tram in giro se ne vedono davvero pochi. La maggior parte se ne sta in deposito, al chiuso, col pantografo abbassato e qualche lacrimuccia che scende dal fanale. Spento come la speranza di ritornare in strada.

Non so come andrà a finire, ma ritengo che sia davvero ingiusto privarci della loro presenza ed utilità. Fanno parte della storia di Napoli, della sua cultura. Vivono nei ricordi della gente, nelle cartoline e nelle foto d'epoca, e perfino nella cinematografia: come nel film "Napoletani a Milano", dove Eduardo immaginava un tram che collegasse Napoli a Milano - città in cui i vecchi tram circolano ancora oggi tranquillamente -, ritenendolo l'unico mezzo di trasporto che azzerasse le distanze consentendo di conversare piacevolmente.

Ma questi tram sono "vivi" per davvero. Potrebbero tranquillamente garantire il loro servizio, se solo gli fosse concesso. Invece, a quanto pare, si preferisce vendere, deprezzare tutto, perfino la storia.

Però chi ha memoria, come il sottoscritto, soffre e non si rassegna, continuando a credere in un futuro diverso, continuando a sperare di camminare per strada ed imbattersi in uno di loro. Di rivederli scampanellare felici, "scintillando" in cielo con i loro pantografi, sullo sfondo di un Vesuvio che sorride complice. 


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