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 PICCOLO-GRANDE RASCEL


"Sono così distratto, ma tanto distratto, che mi sono dimenticato di crescere". Che amasse scherzare su se stesso è risaputo, ma secondo me quando pronunciava queste parole Renato Rascel non si riferiva al suo metro e cinquantotto d'altezza, o almeno non soltanto a quello. A mio modesto parere, il "piccoletto" per antonomasia parlava soprattutto della sua anima un po' giullaresca, frutto di anni di avanspettacolo, specchio di quei palcoscenici in cui prima e dopo la Seconda guerra aveva fatto affiorare il suo talento.



E quel suo "essere" di bambino, dentro il cuore e nel suo gracile fisico, resistette fino all'ultimo, a quel 2 gennaio 1991, quando se ne andò via, in una clinica, dando il suo ultimo "Arrivederci" a quella Roma tanto amata. Città dei suoi genitori, attore lui e ballerina lei, che lo misero al mondo a Torino, durante una tournée, il 27 aprile 1912. Nella Capitale, però, venne battezzato - a San Pietro - e incominciò a mostrare quel suo talento istrionico a scuola, rivelando precocemente la sua passione per la recitazione e per il canto, entrando persino tra le Voci Bianche della Cappella Sistina. Poi i teatrini di varietà, l'avanspettacolo, tra sketch comici e soubrette, quando in pieno Ventennio da Renato Ranucci (suo nome di battesimo) divenne Rascél - omaggio a "Rachel", una nota cipria francese - cambiato in "Rascéle" per ossequio alle leggi fasciste, ed infine diventato Ràscel, quel Ràscel.



Rascel nei panni del "piccolo corazziere" (a sinistra) e di Napoleone (a destra), macchiette teatrali poi portate
 nel corso degli anni anche al cinema e in televisione.


Il "piccoletto" che era fiero di dire a sua madre di essere "diventato corazziere", che "sfotteva" le manie di grandezza dei potenti imitando Napoleone. Quello di "È arrivata la bufera /È arrivato il temporale /Chi sta bene e chi sta male/E chi sta come gli par...", ma anche quello del sopracitato "Arrivederci Roma": brano omaggio alla Città Eterna, che rese Rascel famoso in tutto il mondo, grazie anche ad un film (ispirato al titolo della canzone) interpretato accanto all' Allasio. 



Renato Rascel con Marisa Allasio in "Arrivederci Roma"(1957) di Roy Rowland.


Ma la sua vocetta tanto flebile quanto intonata rese anche giustizia ad un'Italia ancora "Romantica" sebbene invasa dagli "Urlatori", portando a Sanremo nel 1960 il brano omonimo che vinse la gara grazie alle potenti corde di Tony Dallara.



In alto, Renato Rascel con Giovanna Ralli in "Un paio d'ali".
In basso, con Gigi Proietti in "Alleluja brava gente".


Tuttavia, il suo caleidoscopio di capacità, tra canto, ballo e recitazione, vide soprattutto i suoi frutti grazie ad un lungo sodalizio con Garinei & Giovannini, i "padri" della commedia musicale. Una collaborazione che va da "Attanasio cavallo vanesio" (1952) fino ad "Alleluja brava gente" (1970) con un giovane Gigi Proietti, passando per "Un paio d'ali" (1957) in coppia con Giovanna Ralli ed "Enrico '61" (1961) con Gianrico Tedeschi e Gisella Sofio. 



In alto, Renato Rascel con Giulio Calì ne "Il cappotto".
In basso, con Ernesto Calindri in "Policarpo, ufficiale di scrittura".


Alcune di queste divenute anche pellicole per il grande schermo, dove l'attore comparve diverse volte, ma quasi sempre in ruoli macchiettistici e di basso tenore. Ci sono però due eccezioni: "Il cappotto" (1952) di Lattuada (ispirato all'omonima commedia di Gogol'), che mise in rilievo le sue doti drammatiche, e poi "Policarpo, ufficiale di scrittura"(1956) di Soldati: in entrambi i casi interpretava il ruolo di un diligente impiegatuccio, sfortunato ma di gran cuore.



Renato Rascel con Arnoldo Foà ne "I racconti di padre Brown".


La televisione, invece, gli diede tante possibilità in più. Dopo alcuni varietà da lui stesso condotti negli anni '50, come "Rascel la nuit" e "Stasera a Rascel City", nel 1970 raggiunse grande popolarità nei panni del sacerdote/detective padre Brown, nella serie televisiva ispirata ai racconti di Chesterton e diretta da Vittorio Cottafavi. Ma fu anche il cieco dalla nascita a cui Cristo diede la vista nel film tv "Gesù di Nazareth" (1977) di Franco Zeffirelli.



Rascel in "Gesù di Nazareth".


E proprio al piccolo schermo, accanto al suo primo amore, il teatro - la sua ultima pièce fu "Finale di partita" di Beckett, accanto a Walter Chiari nel 1986 - sono legate le sue ultime apparizioni, ormai avanti negli anni, ma con lo stesso casco di capelli, sebbene ingrigiti, sopra le orecchie a sventola e il sorriso largo. 



Renato Rascel con Walter Chiari in "Finale di partita".



Quel sorriso che piaceva tanto anche ai bambini, a cui dedicò piacevoli canzoncine ma anche libri di favole. Ragazzini che a trent'anni esatti dalla sua scomparsa sono ormai grandi, ma che proprio come lui, nel profondo del cuore, non sono mai cresciuti.

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