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FURIO SCARPELLI, " META' " STORICA DEL CINEMA ITALIANO

Spesso il successo di una pellicola viene attribuito ai registi e agli attori, ed è anche vero. Ma, in realtà, dietro quei personaggi e quelle storie ci sono loro: gli sceneggiatori. Narratori eccellenti, produttori di fiumi d'inchiostro che hanno raccontato il Paese con intelligenza ed ironia.
Tra questi, un posto di rilievo merita Furio Scarpelli, grande sceneggiatore del nostro cinema scomparso esattamente dieci anni fa, il 28 aprile 2010.
Il suo nome è indissolubilmente legato a quello di Agenore Incrocci, in arte "Age", col quale diede vita ad un vincente sodalizio che tra gli anni '50 e '80 del secolo scorso fruttò ben centoventi pellicole, collaborando con i più grandi attori e registi del tempo.




Appassionato di disegno e scrittura, Scarpelli cominciò la sua carriera a Roma - città in cui nacque il 16 dicembre 1919 -, collaborando come illustratore con diverse riviste, tra cui le storiche "Marc'Aurelio" e il "Bertoldo". Proprio tra fogli, matite e pastelli nella redazione del "Marc'Aurelio" - fucina di "autori" come Cesare Zavattini, Ettore Scola e Federico Fellini -, Furio Scarpelli fece un incontro destinato a cambiare la sua vita: quello con Agenore Incrocci.



                                                                         Age & Scarpelli.


Entrambi proveniente da famiglie "artistiche", entrambi geniali, erano fatti per intendersi. Ben presto - sotto la guida di Sergio Amidei -, entrarono nel mondo della narrazione cinematografica segnando le sorti della nascente "commedia all'italiana".
Nacque così la premiata ditta "Age & Scarpelli", autrice delle più belle "pagine" del cinema del Dopoguerra: dai film con Totò ("Totò cerca casa" , "47 morto che parla", "Totò sceicco", "La banda degli onesti") fino a capolavori come "I soliti ignoti" (1958) e "La grande guerra" (1959) di Mario Monicelli, "I mostri" (1962)  di Dino Risi, "Sedotta e abbandonata" (1961) di Pietro Germi e "C'eravamo tanto amati" (1974) e "La terrazza" (1980) di Ettore Scola, soltanto per citare i più noti.








                            In alto, le locandine di alcuni dei più celebri film targati "Age & Scarpelli".



A metà degli anni '80, però, dopo un David di Donatello, numerosi Nastri d'argento, nomination all' Oscar e un ultimo film ("Scemo di guerra" di Dino Risi, nel 1985), Furio Scarpelli e Agenore Incrocci proseguirono per strade diverse.




Le locandine de "Il postino" e "Celluloide", tra gli ultimi successi firmati da Scarpelli.



                                  

Così, dopo la separazione da Age, Scarpelli si ritrovò a lavorare da solo ma col medesimo successo. Scrisse infatti pellicole pluripremiate - come  "La famiglia" (1987) di Ettore Scola, "Il postino" (1994) di Michael Radford e "Celluloide" (1996) di Carlo Lizzani -, facendo "scorrere" la sua penna fino all'ultimo, quando se ne andò ad ormai novant'anni ma non prima di aver partorito la sua ultima creatura: "Tormenti - film disegnato", film d'animazione scritto e disegnato da lui e diretto dal nipote Filiberto. Un omaggio al disegno e alla pittura, sue antiche passioni, uscito nelle sale nel 2011.

Tuttavia, a mio modesto parere, Fulvio Scarpelli, insieme alla sua "metà" Age - e a tanti altri "tandem" della sceneggiatura, come Benvenuti e De Bernardi o Marchesi e Metz -, resta soprattutto il "padre" di quell'umorismo sottile e raffinato, frutto di passione e immensa cultura, ancora oggi amato e che ha fatto la storia del cinema italiano.

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