Passa ai contenuti principali
MIKE BONGIORNO: "L'ALLEGRIA" DI "FARE" TELEVISIONE

Sembra impossibile, eppure è così. Sono ben dieci anni che Mike Bongiorno non è più tra noi. È stato duro accettarlo allora e lo è ancora di più oggi.
 Capita così con le persone care, quelle a cui siamo affezionati. E - con il dovuto rispetto per la sua famiglia - per tutti noi telespettatori Mike è sempre stato molto di più di un semplice conduttore. Certo, è stato il "padre della televisione", il "signor quiz", ma è stato soprattutto un amico.



Una persona di famiglia che, quotidianamente, entrava nelle nostre case. I suoi occhi azzurri, il suo capello biondo e quell'indimenticabile "allegria!" hanno per oltre cinquant'anni animato le nostre giornate. Mike ci ha tenuto compagnia d'estate e d'inverno, mattina e sera, a pranzo e a cena.
Tutte le generazioni ne hanno un ricordo. Fin dalla "notte dei tempi", quando uno sconosciuto italo-americano Michael Bongiorno, giornalista radiofonico nato a New York e cresciuto a Torino,
inaugurava l'inizio delle  "regolari trasmissioni" della neonata Rai, il 3 gennaio del 1954: il programma era "Arrivi e partenze", per la regia del grande Antonello Falqui.



             Mike Bongiorno con Edy Campagnoli e Totò in una scena del film "Totò lascia o raddoppia?".


Ma il primo programma ad entrare nel cuore degli italiani fu senza dubbio lo storico "Lascia o Raddoppia?": quello con la fiat 600 come "premio di consolazione", le famose "tre" buste, e la Edy Campagnoli. Quiz omaggiato anche in due film, in cui Mike fu chiamato ad interpretare se stesso: "Totò lascia o raddoppia?", di Camillo Mastrocinque, del 1955 - incentrato proprio sul gioco a premi - con il grande Principe De Curtis, e "C'eravamo tanto amati", di Ettore Scola, del 1974, con Vittorio Gassman e Stefania Sandrelli. Altri invece ricorderanno il celebre "Rischiatutto", lo storico quiz degli anni '70, con Sabina Ciuffini e la mitica signora Longari. Ma non possiamo neanche dimenticare "Scommettiamo?" oppure "Flash",  l'ultimo programma condotto in Rai.


                                                   Mike Bongiorno con Sabrina Ciuffini al "Rischiatutto".


A partire dagli anni '80, infatti, Mike Bongiorno passò alle reti Mediaset, dove ottenne rinnovata popolarità con nuovi fortunati programmi: da "Superflash" a "Bravo, bravissimo" (gara di canto per bambini e ragazzi), da "Telemike" a "Genius", passando per l'indimenticabile e longevo "La ruota della fortuna".





                                        Mike Bongiorno con alcuni concorrenti a "La ruota della fortuna".



Personalmente ricordo con particolare affetto "La ruota della fortuna" e "Genius", programmi legati alla mia infanzia, come il Festival di Sanremo del 1997 (l'undicesimo e ultimo da lui condotto) presentato accanto a Valeria Marini e Piero Chiambretti. Come è legato alla mia adolescenza il suo sodalizio con Fiorello, a seguito del successo della sua esilarante imitazione che quotidianamente lo showman proponeva nel programma radiofonico "Viva Radio2".
E sfido chiunque a non avere almeno un istante della propria vita legato ad una sua trasmissione. Ricordi che dopo la sua scomparsa, l'8 settembre del 2009 - a causa di un infarto -, sono diventati momenti preziosi, da custodire gelosamente. Mike Bongiorno non ha fatto solo la televisione, lui "era" la televisione: quella in "giacca e cravatta", quella del "buongiorno" e della "buonasera" rivolti agli spettatori, sempre gentile, educata e opportuna, che fosse quella di Stato o privata, in bianco e nero o a colori. E se Umberto Eco - in un famoso saggio del 1963 - definì il "fenomeno" Bongiorno come un "trionfo della mediocrità", un falso mito in cui gli italiani si rispecchiavano per sentirsi qualcuno, allora forse bisognerebbe dare un valore diverso alla "mediocrità". Perché Mike Bongiorno, in decenni di carriera, ha incarnato i più originali valori del "fare" televisione: trasmettere contenuti ma sempre con ironia e leggerezza, educare sì, ma divertendo. Tutto quello che oggi, forse, non c'è più.












Commenti

Post popolari in questo blog

GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...