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RENATO CACCIOPPOLI: GENIO E FOLLIA DI UN "MATEMATICO NAPOLETANO"

Se è vero che genio e follia sono soliti andare a braccetto, Renato Caccioppoli - docente e matematico napoletano - ne era l'esempio più lampante.
Già solo esteticamente - un fisico slanciato, il volto affusolato e gli occhi, vivi ed intelligenti, coperti da un ciuffo perennemente calato sulla fronte - sembrava uscito da un romanzo russo. Una di quelle figure tormentate, partorite dall'estro di Tolstoj o Dostoevskij.




Complici, forse, le sue origini slave. Caccioppoli - nato a Napoli, il 20 gennaio del 1904 - era infatti nipote del noto anarchico e rivoluzionario russo Michail Bakunin - colui che avrebbe voluto dar vita alla Rivoluzione mondiale con l'aiuto dei contadini meridionali.
Effettivamente, un briciolo d'anarchia c'era nel professor Caccioppoli. La sua libertà, la sua avversione alle regole, il suo distacco da qualsivoglia tipo di potere o costrizione, è storia nota.
Non nascose mai il suo dichiarato antifascismo. Addirittura, si scagliò apertamente contro il fascismo, arrivando a insultare pubblicamente Hitler, Mussolini e il Regime in una trattoria, facendosi accompagnare da un' orchestrina che suonava la "Marsigliese". Tutto questo nel 1938, lo stesso giorno in cui il Fuhrer visitò Napoli.
Fu naturalmente arrestato, ma subito rilasciato grazie all'intervento della zia, Maria Bakunin - docente di Chimica all'Università Federico II di Napoli -, che lo fece riconoscere come "incapace di intendere e di volere".
Ma accanto alla follia, c'era il genio e tanto. Laureatosi a soli 21 anni in Matematica, pubblicò molti lavori in merito al calcolo differenziale, alla teoria dell'errore, divenendo docente prima a Padova e successivamente nella sua Napoli. I suoi studi, la sua ricerca scientifica, diedero un grosso contributo allo sviluppo dell'analisi matematica in Italia.
Proprio questa mescolanza di genialità e follia, di matematica e musica - suonava benissimo il pianoforte fin da bambino -, di poesia e letteratura, rendeva speciali le sue lezioni universitarie.
I suoi corsi, infatti, non erano frequentati soltanto dagli studenti, ma anche da ragazzi di altre facoltà, uomini di cultura e semplici curiosi: tutti attenti, in silenzio, quasi in estasi, ad ascoltare quel docente dalla personalità insolita, comunicativa ed affascinante, dotato di un gran senso dell'umorismo, che non perdeva neanche in sede d'esame, coi suoi studenti.
In Caccioppoli, però, tra il genio e la follia, tra il matematico e l'anarchico "viveur", c'è sempre stato un certo equilibrio. Era capace di trascorrere intere notti fuori casa, girando tra i bar e le locande del centro, bevendo, ridendo, suonando il pianoforte e discutendo con gli amici per poi ritrovarsi, il mattino dopo, malconcio, magari un po' trasandato, ma lucido e pronto a svolgere il proprio lavoro.
Ma - come ogni personaggio da romanzo che si rispetti - anche Caccioppoli aveva le sue fragilità. Forse lo spegnersi della sua vena matematica, forse la separazione dalla sua compagna, Sara Mancuso, o forse, semplicemente, quella sua innata impazienza, lo portarono ad un gesto estremo. L'8 maggio del 1959, esattamente sessant'anni fa, Renato Caccioppoli si suicidò, puntandosi una pistola alla tempia nella sua abitazione, a Palazzo Cellammare, nel centro di Napoli.
Quando si diffuse la notizia, la sua morte improvvisa non destò molto stupore. Alcuni, forse, se lo sarebbero anche aspettato, prima o poi. Uno come Renato Caccioppoli, inquieto, tormentato, geniale, il "matematico napoletano" - come lo definì Mario Martone nel film a lui dedicato - che aveva risolto sistemi ed equazioni complicate, doveva trovare una "soluzione" anche alla propria vita.

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