Passa ai contenuti principali
MINO PECORELLI: ALLA RICERCA DELLA VERITA'

Roma, quartiere Prati. Erano circa le venti e quarantacinque del 20 marzo 1979.
Carmine Pecorelli, per tutti "Mino", era un giovane direttore di una nota rivista - nata come una agenzia di stampa - chiamata OP - Osservatore Politico.
Quella sera, aveva da poco lasciato la sua redazione quando, un ignoto sicario, gli sparò tre colpi, inchiodandolo al volante della propria auto.


Per quanto la sua figura sia stata spesso minata, contestata, Mino Pecorelli era un giornalista che si è sempre battuto per la verità, a qualunque costo. Aveva fatto così fin dall'inizio, quando lasciò l'avvocatura - dopo esser stato responsabile dell'ufficio stampa del ministro democristiano Sullo - cominciando a collaborare con il "Nuovo Mondo D'Oggi", settimanale che si occupava di scoop nell'ambito della politica nazionale.
Dopo la chiusura del giornale, nel 1968, aprì la propria agenzia di stampa, OP - Osservatore Politico, che ben presto divenne una vera e propria rivista, con tirature eccezionalei.
La sua fama crebbe a dismisura. Le sue inchieste trattavano di corruzione, malcostume, scandali politici e presunte collusioni tra politica e mafia.
Ma, tra tutte le sue inchieste, spiccano senza dubbio, nel 1978, quelle sul caso del rapimento dell'onorevole Aldo Moro - assassinato dalle Brigate Rosse dopo una prigionia durata cinquantacinque giorni. Seguì passo passo gli eventi susseguitisi dal rapimento del 16 marzo 1978 fino al ritrovamento del corpo in via Caetani. Fu Pecorelli a sostenere la falsità del famoso "comunicato" numero 7 delle Br - quello secondo cui Moro era stato ucciso e sepolto presso il lago della Duchessa. Fu ancora lui a pubblicare una serie di lettere scritte da Moro durante la prigionia ed inviate ai suoi familiari.
Pecorelli aveva grandi disponibilità di informazioni, grazie ai suoi numerosi contatti, sia tra le alte sfere militari e nei servizi segreti, nonché nella loggia massonica P2 di Licio Gelli - alla quale si era iscritto proprio per cercare contatti ed informazioni riservate.
Insomma, Mino Pecorelli aveva pestato i piedi a più persone ed ancora oggi non si conosce chi, quella sera eseguì materialmente l'omicidio né chi fu effettivamente il mandante.
Le indagini videro implicati i membri della Banda della Magliana - gruppo di criminali che terrorizzavano la Capitale in quegli anni -, ma anche esponenti dei NAR (Nuclei Armati Rivoluzionari) di estrema destra e perfino gli uomini di Cosa Nostra.
Tutti gli indagati - tra cui i boss Tano Banalamenti e Pippo Calò, nonché il senatore Giulio Andreotti, spesso oggetto delle inchieste del giornalista ed accusato quale mandante del suo omicidio - sono stati nel corso degli anni processati e, alla fine, prosciolti da ogni accusa in Cassazione.
Tuttora, pertanto, non si conosce la verità sull'assassinio del giornalista molisano: quella stessa verità a cui Mino Pecorelli aveva dedicato la propria vita e che, probabilmente, aveva trovato.

Commenti

Post popolari in questo blog

GRAZIE, PAPA FRANCESCO! Ho fatto quello che abbiamo fatto un po’ tutti, quello che lui stesso ci ha sempre chiesto. Ho pregato per lui. L’ho fatto per stima, fede e paura.  La paura che potesse abbandonarsi, che la sua ultima immagine rimanesse celata nelle stanze del Policlinico Gemelli. Oggi molti di noi potrebbero  pensare che sia stato tutto vano. E invece no, perché ciò gli ha permesso di resistere e non risparmiarsi fino alla fine. Papa Francesco ha lasciato  quell’ospedale: provato, stanco, aggrappato alla sedia a rotelle come a quella speranza che non ha perso mai. È tornato a casa sua. Ha continuato   a lavorare, anche durante la sua lunga degenza. Ha nominato nuovi cardinali, ha lanciato messaggi di pace.  Ha parlato di guerre inutili, di atroci   sofferenze. Ha incontrato i Reali e il Vice Presidente americano Vance. Ha parlato di Pasqua e di Resurrezione. Ieri mattina ha augurato Buona   Pasqua al popolo di Dio riunito a San Pietro e ha vol...
LILIANA RIMINI, LA MERAVIGLIA DI UN SOGNO « Non sembra ma ho tanti, tanti anni e tante esperienze […] di coraggio e di forza ». Non sembra, per davvero, osservandola nella sua figura minuta, nel suo sguardo limpido, da anziana rimasta bambina nell’animo, con la capacità di “filosofare”, come avrebbe detto Aristotele, ovvero di guardare il mondo con gli occhi della meraviglia. Liliana Rimini, classe 1929, milanese doc, esuberante ed elegante in un tailleur bianco e nero sembrava una ragazzina nel paese dei balocchi martedì mattina, quando all’Ospedale Antonio Cardarell i di Napoli, frutto dell’estro, della passione e dell’impegno del suo papà, l’architetto Alessandro Rimini, ha visto prendere forma quel sogno custodito per anni in un cassetto e ormai quasi assuefattosi alla polvere del tempo e del rimpianto mai svanito.  Liliana Rimini. Il suo papà, diplomato all’Accademia di Belle Arti di Venezia, soprintendente ai monumenti di Trieste e Venezia Giulia, uno degli architetti più br...
DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l’altro, per la salita di Sant’Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla vetta del ...