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Visualizzazione dei post da ottobre, 2024
EDUARDO DE FILIPPO, VIVERE PER RECITARE « Fare teatro sul serio significa sacrificare una vita [...] Così si fa teatro, cosi io ho fatto! ». Visibilmente commosso, segnato in volto e nell'animo, Eduardo parlava, a cuore aperto, al pubblico del Teatro Antico di Taormina, il 15 settembre 1984. Ringraziò per la prima volta suo figlio, Luca, « venuto dalla gavetta, dal niente », cresciuto bene proprio grazie alla grande palestra del teatro. Quel teatro che dal commendator Scarpetta in su ha prodotto lacrime, sorrisi, dolori, amori e riflessioni.  Perché Eduardo scriveva con il cuore prima che con la testa. Esordì, al pari dei fratelli, la maggiore Titina e il minore Peppino, sul palcoscenico di papà Eduardo Scarpetta prima, del fratellastro Vincenzo Scarpetta poi. Ma fare l'attore, per lui, non era sufficiente. Eduardo aveva tanto da dire, da raccontare. Cominciò a scrivere ben presto e alla fine della sua carriera si ritrovò con ben cinquantacinque commedie. Natale in casa Cupiell...
BUON COMPLEANNO, FAUSTO! Era il 1967 quando, dagli altoparlanti dei juke-box  delle spiagge italiane, le note di A chi invitavano ragazzi e ragazze a ballare un lento. Era solo l’inizio. L’inizio di una carriera che lo avrebbe portato in alto, come la sua voce, in grado di squarciare il cielo più cupo.  Come sul palco dell’ Ariston   al grido        di   Io amo , Mi manchi e   Ti lascerò , che gli fruttò il podio in coppia con un’altra voce potente, quella di Anna Oxa.  Fausto Leali compie ottant’anni. Di musica, successi, emozioni. Di jazz e di soul . Di amori e di speranze. Di tormenti e di passioni. Passioni urlate con la sua voce “nera” su un volto “bianco”. Una voce che non invecchia, bensì ringiovanisce. Riacquista forza, vigore e calore. Come in quell’estate di fine anni ‘60, quando quella cover di un brano statunitense ( Hurt ) scritta da Mogol lo portò sulla vetta delle classifiche. Una cima che ha risalito e disceso più volt...
MARIA FIORE, LA DISCREZIONE DI UN SORRISO Classe 1935, romana. Gentile ed elegante. Un volto distinto e perbene su un corpo minuto. Maria Fiore non sarà passata alla storia per grandi successi. Eppure, sul piccolo schermo, raggiunti i  cinquant’anni e  conservato intatto il fascino di un viso pulito, ebbe il suo piccolo riscatto accanto a Ferruccio Amendola in alcuni storici sceneggiati Rai:   Quei trentasei gradini ,   Little Roma   e Pronto soccorso .                                      L’inquilina del  “piano nobile”  di un lussuoso palazzo romano, l’affascinante insegnante di una scuola serale di una borgata dell’ Urbe  e la solerte e materna infermiera del pronto soccorso dell'ospedale sull’Isola Tiberina avevano in comune la sua voce garbata, quasi sussurrata e l’amore del suo coprotagonista, Amendola appunto, che con le sue calde “corde” pas...
GIANNI MAZZOCCHI: QUATTRO RUOTE PER VIVERE BENE «Vogliamo che l’auto diventi per tutti un mezzo per vivere meglio» . Era il 1956, la “motorizzazione di massa” era appena cominciata, ma Gianni Mazzocchi aveva già capito il grande potenziale dell’automobile nella vita degli italiani, mandando in stampa una rivista destinata a far conoscere l’universo a quattro ruote a un popolo ancora fatto di gente appiedata e di pochi e fortunati motoscuteristi. Classe 1906, marchigiano di origini ma milanese d’adozione, fondatore dell’ Editoriale Domus nonché ideatore di grandi riviste di settore, dalla cura della casa al risparmio e ai motori, Gianni Mazzocchi ha per sempre unito il suo nome a quello di Quattroruote , il mensile per “ gli automobilisti di oggi e di domani ” diventato un simbolo del “Boom economico”.  Mazzocchi era un grande appassionato di automobili. Ma era anche un editore esperto. Alla fine degli anni ‘50, l’Italia aveva da poco intrapreso il suo processo di risalita economic...
DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
TINO SCOTTI, LA PAROLA CHE “NON” BASTA Era più milanese della Madunina  e del Panetùn . Il suo Cavaliere era l’incarnazione stessa della Milano del Dopoguerra. Quella del “ Ghe pensi mi ”, la frase nata sui palcoscenici della rivista e portata sul grande schermo col suo fare elegante e un po’ sbruffone. Perché Tino Scotti, col suo baffo a pettine, gli abiti di sartoria, i guanti bianchi e il bastone nella mano destra, mentre la sinistra gesticolava nervosa accompagnando il suo linguaggio sempre ricercato, era in realtà l’incarnazione del falso mito, del buon uomo che vorrebbe apparire brillante ma è soltanto un vanesio alla ricerca di attenzioni.  Ma in realtà, Tino Scotti, oltre il personaggio, brillante lo era per davvero. Giovane promessa del calcio nelle giovanili dell’Inter, disegnatore e grafico pubblicitario  per sbarcare il lunario, trovò nel teatro il luogo in cui esprimere al meglio se stesso. Occhi strabuzzati, sorriso buffo e un linguaggio forbito fecero dei ...
PINO CARUSO: SICILIANO NEL CUORE E NELL'ARTE Iniziò in teatro con Pirandello e finì in teatro con Pirandello. Le pièce del celebre autore agrigentino furono, forse, il biglietto da visita migliore per un siciliano che conquistò il Continente pur restando fedelmente legato alla sua terra. Pino Caruso nasceva novant’anni fa, a Palermo, e proprio lì, nella sua città, riuscì a coprire col fragore degli applausi il rumore sordo e impietoso di bombe e fucili mitragliatori.  Negli anni ’90, in quella terra bella ma malata, Pino Caruso portò il suo teatro. Quel teatro che lo aveva visto innalzarsi dai palcoscenici siciliani al Salone Margherita di Roma, dove col Bagaglino di Pingitore, nel 1965, si gettò a capofitto nel cabaret. Di lì a poco arrivò la televisione, con cui Caruso portò il dialetto siciliano in tutte le case italiane, distruggendo stereotipi e lanciando una vera e propria mania “sicula”. Da Che domenica amici  a Canzonissima , da Teatro 10  a Portobello  e ...
BUON COMPLEANNO, MASSIMO! Gli attori, quelli bravi, pagano oggi la colpa di un cinema (quello italiano in particolare modo) da tempo povero di grandi film e di prestigiose firme. Lui è uno di questi. Un bravo attore, brillante, simpatico, che negli ultimi vent’anni ha legato il suo nome soprattutto a commedie di dubbio gusto presentate sotto l’Albero a Natale. Massimo Ghini, settant’anni oggi, invece, merita molto di più. Ha mosso i primi passi in teatro, passando da Zeffirelli a Strehler, e si è anche speso nella regia.  Ha lavorato al cinema con registi come Bertolucci, Ferrara, Lizzani. In televisione, poi, tra fiction e miniserie è diventato un volto familiare al pubblico, colpito sempre dalla sua gentilezza e dalla sua eleganza. Chi vi scrive lo ha apprezzato molto nei panni di Luciano Ferrucci, il capomastro diventato geometra e costruttore passando la notte sui libri nel meraviglioso affresco della Roma degli anni sessanta di Raccontami . Così come nelle vesti di Enrico Matt...
COSÌ PARLÒ BELLAVISTA: LA NAPOLI DI IERI, DI OGGI E DI DOMANI « Ciononostante in questo mondo del progresso, in questo mondo pieno di missili e di bombe atomiche, io penso che Napoli sia ancora l'ultima speranza che ha l'umanità per sopravvivere ». Parole che sembrano di una attualità quasi sconcertante, eppure pronunciate quarant’anni fa. Parole da “eterno ritorno” di Nietzsche, che ispirò anche il titolo del film. Ma proprio in queste parole, proferite da Luciano De Crescenzo poco prima dei titoli di coda, si condensa il senso profondo di Così parlò Bellavista , nato come un libro umoristico e diventato un capolavoro cinematografico che descrive, meglio di tante tele e acquerelli col Vesuvio e il golfo di Napoli in evidenza, l’essenza stessa di una città che è tutto e il contrario di tutto. Bella e brutta, onesta e disonesta, fiera e paurosa, angelica e dannata.  Per Luciano De Crescenzo, alias Gennaro Bellavista, professore di filosofia in pensione, Napoli rappresenta l’ulti...
RAI RADIO CENTO, SULLE ONDE DELLA FANTASIA E DELLA MERAVIGLIA Due giri di manopola, un leggero fruscio e una voce chiara, calda e precisa. Era il 6 ottobre 1924 quando Maria Luisa Boncompagni, sotto le insegne dell’ URI , Unione Radiofonica Italiana, dava inizio a un sogno. Un sogno da vivere a occhi chiusi e orecchie aperte. Con la testa incollata all’altoparlante, mentre si giocava con le manopole per sintonizzare il programma e raggiungere il perfetto equilibrio tra  qualità del suono e sua potenza.  Dalle grosse radio a valvole, sbuffanti e surriscaldabili come in preda all’ira, alle piattaforme digitali (la DAB) ne è passato di tempo e trascorsa di Storia. La storia drammatica del fascismo, che aveva fatto dell’ EIAR la propria “voce”, lasciando un briciolo di leggerezza e speranza attraverso le voci soavi di Alberto Rabagliati e del Trio Lescano e la sfida all’ultima nota tra l’autarchico Cinico Angelini e la bacchetta swing di Pippo Barzizza. La storia del Festival di...
NINI ROSSO, LA FELICITÀ DI ESSERE TRISTI Nelle prime scene di Se non avessi più te , terzo “musicarello” di Fizzarotti con protagonisti Gianni Morandi nei panni di un soldato di leva e Laura Efrikian in quelli della figlia del suo maresciallo, uno straordinario Nino Taranto, c’è un uomo baffuto, vestito da sottufficiale, che nel cortile della caserma, la sera prima del congedo delle reclute, suona alla tromba Il silenzio , ma in una versione molto speciale. Malinconica, struggente, accompagnata da una parte recitata in cui un soldato, lontano  da casa, ripensa con nostalgia alla sua bella. Quel sottufficiale si chiamava Nini Rosso e di quel Silenzio  aveva fatto la sua fortuna, tanto da essere inserita in uno di quei film musicali che andavano tanto di moda. Ma, forse, il Silenzio  era anche la sua vera cifra.  Torinese, classe 1926, figlio di un operaio della FIAT che lo voleva maestro, prese la licenza magistrale ma la passione per la tromba era troppo forte per no...