GIANNI MAZZOCCHI: QUATTRO RUOTE PER VIVERE BENE
«Vogliamo che l’auto diventi per tutti un mezzo per vivere meglio». Era il 1956, la “motorizzazione di massa” era appena cominciata, ma Gianni Mazzocchi aveva già capito il grande potenziale dell’automobile nella vita degli italiani, mandando in stampa una rivista destinata a far conoscere l’universo a quattro ruote a un popolo ancora fatto di gente appiedata e di pochi e fortunati motoscuteristi. Classe 1906, marchigiano di origini ma milanese d’adozione, fondatore dell’Editoriale Domus nonché ideatore di grandi riviste di settore, dalla cura della casa al risparmio e ai motori, Gianni Mazzocchi ha per sempre unito il suo nome a quello di Quattroruote, il mensile per “gli automobilisti di oggi e di domani” diventato un simbolo del “Boom economico”.
Mazzocchi era un grande appassionato di automobili. Ma era anche un editore esperto. Alla fine degli anni ‘50, l’Italia aveva da poco intrapreso il suo processo di risalita economica e industriale. La produzione automobilistica, che aveva subíto forti perdite a causa della Seconda guerra mondiale, stava tornando a pieno regime. In quel 1956 la Fiat 600, presentata l’anno prima, sbaragliò tutti proprio con un servizio sulle pagine di Quattroruote sotto lo slogan: “poca spesa, tanta resa”. L’anno successivo sarebbe arrivata anche la Fiat 500, e ancora una volta Quattroruote e il suo direttore erano lì a raccontarne pregi e difetti. Ma per Mazzocchi Quattroruote non era soltanto una geniale intuizione editoriale (ispirata al successo della rivista “Auto Italiana”, che aveva acquistato), e neanche la soddisfazione di dare libero sfogo alla sua passione per le automobili, sfociata poi in una collezione personale di preziose vetture (dalle Lancia Lambda alla Jeep Willys passando per Bugatti e Rolls Royce), oggi custodite nel Museo Storico da lui voluto. Quattroruote era soprattutto la soluzione a un problema. Un problema che nell’Italia del “Miracolo economico”, tra “consolari” come l’Aurelia e l’Appia, divenute percorsi prediletti per la gita fuori porta e il bagno al mare mentre la posa della prima pietra dell’Autostrada del Sole, in quello stesso 1956, dava grandi speranze per la mobilità del domani, faceva il verso a un vecchio motto risorgimentale: fatta l’automobile, bisogna fare gli automobilisti. Gianni Mazzocchi viveva in un mondo in cui ad avere un’auto erano ancora pochi. Nessuno sapeva, davvero, che significasse avere una quattro ruote. Significava tanti privilegi, come potersi spostare come, quando e quanto si vuole. Ma anche tanti doveri. Bisognava pagare le tasse che lo Stato richiede, come il bollo, allora tassa di circolazione. Bisognava prendere la patente, sostenendo un esame pratico di guida e uno teorico sul codice della strada, da rispettare tassativamente per l’incolumità di se stessi e degli altri. Ma avere un’auto significava anche prendersene cura. Non era importante che si trattasse di un tal signor Giovanni, maestro elementare di mezza età e padre di due figli con una elegante Fiat 1100, oppure di un tal Flavio, neolaureato in Legge, benestante, dongiovanni e spaccone a bordo di una fiammante Alfa Romeo Giulietta Spider, oppure ancora di un tal Gaetano, manovale a giornata, scapolo, che aveva appena firmato un pacco di cambiali per una piccola e azzurra Fiat 600 che lo portasse in cantiere in breve tempo. Qualunque fosse l’auto, qualunque fosse il proprietario o la proprietaria (nei primi anni '60 arrivarono anche le prime “donne al volante”), il benessere del mezzo meccanico era sempre il medesimo, con le dovute proporzioni. Ecco, Gianni Mazzocchi, dalle pagine di Quattroruote, insegnava agli italiani anche questo. Attraverso meticolose Prove su Strada e Schede tecniche, focus sui più importanti Saloni Automobilistici nazionali e internazionali, consigli di guida sicura, delucidazioni su patenti e novità del codice della strada, suggerimenti sulla manutenzione e sulle riparazioni di guasti meccanici delle principali vetture italiane e straniere, rispondendo direttamente alle richieste dei lettori, Gianni Mazzocchi disvelava agli occhi dei primi automobilisti un mondo nuovo. Un mondo in cui l’automobile poteva essere davvero un mezzo per vivere meglio. Purtroppo quel mondo è cambiato molto. Mazzocchi è scomparso quarant’anni fa, il 24 ottobre 1984, prima che Quattroruote festeggiasse il ventesimo compleanno e molto prima della grande crisi automobilistica di fine secolo. L’auto non è più uno status symbol come un tempo, ma è diventata quasi un peso, tra sovrattasse, veicoli fatti per durare il tempo di un giro di pista, pedaggi autostradali sempre più proibitivi e soprattutto l’inesorabile scomparsa dei motori endotermici in favore dell’elettrico, nella speranza di salvare il pianeta, che ha generato una profonda crisi anche in case automobilistiche storiche e prestigiose. Ciononostante, l’Editoriale Domus è ancora qui, Quattroruote è ancora in edicola come la prima volta, in quel febbraio del 1956, e forse il suo storico e antico sottotitolo, “rivista mensile per gli automobilisti di oggi e di domani”, continua ad essere valido per chi, come il sottoscritto, crede che l’automobile, in qualunque soluzione la si pensi - termica, elettrica, ibrida, fluttuante nell’aria (chissà?) - resterà sempre lo strumento migliore per essere liberi e vivere bene.
A.M.M.
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