AUGURONI, GINO!
“Cosa farò da grande?” Se lo chiedeva nel 1986, quando era già un uomo maturo, ma sono certo che quella domanda continui a non avere una risposta. Perché Gino Paoli, novanta primavere oggi, è come quel “vecchio bambino” che giocava con un pettirosso in un giardino. Sul corpo e sul volto ha i segni del tempo che passa, ma dentro il suo cuore è ancora un ragazzo. Quel ragazzo dalle grosse lenti scure che cantava l’amore in bianco e nero. Quello di “Senza fine” - ispirato dalle grandi mani di Ornella Vanoni -, “Che cosa c’è”, “Vivere ancora”, ma soprattutto di “Il cielo in una stanza”, dedicata a una “signorina” di un bordello genovese e destinata a diventare una delle canzoni più romantiche di sempre.
Ma Gino Paoli è anche uno di quegli “amici” che, seduti al tavolino di un bar, volevano cambiare il mondo. E quello musicale, in qualche modo, l’hanno cambiato. La scuola genovese, l’amicizia con Umberto Bindi e Luigi Tenco, la pallottola con cui cercò di porre fine alla sua esistenza nel 1963 - “credevo di aver visto tutto”, disse -, i grandi successi della maturità, da “Una lunga storia d’amore” a “Averti addosso” e “Ti lascio una canzone”, sono le tappe salienti di una vita vissuta sempre in bilico tra ciò che è giusto e ciò che rende felici. Amori appassionati, amicizie sincere, bottiglie di whisky vuotate in preda alla malinconia, inseguendo una nota o un pensiero malinconico. Mentre sigarette mai spente all’angolo della bocca tingevano i suoi leggendari baffi dei colori del tabacco prima di quelli della vecchiaia. Perché sì, Gino Paoli è invecchiato, ma non è ancora diventato grande. Sono due cose diverse. Invecchiare significa accettare il tempo che passa e le sue conseguenze. Diventare grandi, invece, significa smettere di sognare. Le sue canzoni, versi in musica più volte riproposti in nuove versioni - come in salsa jazz, col pianoforte di Danilo Rea -, sono lo specchio di un poeta che ha sempre guardato oltre i confini della realtà. “Ti basta di chiudere gli occhi, per veder quel che tu vuoi vedere”. È questo forse il suo segreto. Chiudere gli occhi e seguire la nota giusta. Cosa farà da grande, dunque? A questo punto non vale la pena chiederselo. L’importante è spalancare le porte al futuro e lasciarsi stupire. Quel che verrà, verrà. Dopotutto: “basta non esser certi, mai”. Auguroni, Gino!
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