PALMIRO TOGLIATTI: RAGIONE, INTELLETTO E IL FANTASMA DELLA RIVOLUZIONE
Un intellettuale. Credo sia questo l’aggettivo più appropriato per descriverlo. Certo, potrebbe sembrare inadeguato se si parla di un uomo che aveva fatto della Rivoluzione in tutti gli strati sociali, dalla classe operaia a quella borghese, la sua bandiera, con il beneplacito di Stalin, il “grande capo”. Eppure Palmiro Togliatti era fondamentalmente un intellettuale. Un uomo di cultura formatosi grazie a una borsa di studio che lo portò a laurearsi in Giurisprudenza a Torino, lì dove insieme ad Antonio Gramsci, cofondatore con lui del Partito Comunista d’Italia - con la scissione dal Psi nel 1921 -, aveva vissuto il “Biennio Rosso” e lottato accanto agli operai. Togliatti amava la Russia e ottenne anche la cittadinanza sovietica. Gli venne perfino dedicata una città sul fiume Volga, la famosa “Togliatti” (che la stampa, erroneamente, ha spesso chiamato Togliattigrad). Nella patria “rossa”, inoltre, aveva trovato asilo durante il fascismo, e non è un caso, forse, che proprio lì, sessant’anni fa, il 21 agosto 1964, in vacanza in Crimea, a Yalta, egli se ne andò, a seguito di una emorragia cerebrale dopo otto giorni di coma.
È stata però l’Italia, dove era nato nel 1893, a Genova - nel giorno della Domenica delle Palme -, a fare di Palmiro Togliatti uno dei politici più influenti del Dopoguerra. La rivalità con la Dc di Alcide De Gasperi - caratterizzata da un profondo rispetto reciproco, nonostante idee diametralmente opposte -, l’attentato del 1948 che destabilizzò il paese, l’amore appassionato per la giovane Nilde Iotti, “compagna” di lotte e di vita, che gli causò non pochi problemi con alcuni membri del partito, essendo lui regolarmente sposato. Nell’Italia democristiana e filoamericana, però, egli, in quanto segretario del Pci, non mancò mai di far sentire la sua voce, di portare avanti le proprie idee, di onorare i princìpi in cui fermamente credeva, che fossero o meno condivisibili. Perché Togliatti era un intellettuale, prima che un rivoluzionario, conosceva la diplomazia e il valore della lotta verbale. Anche se, agli inizi, non si scandalizzò affatto davanti agli orrori perpetrati dal regime sovietico in nome della Rivoluzione. Ma quando, dopo la morte di Stalin, Nikita Krusciov, neopresidente dell’Unione sovietica, diede inizio a quel processo di distensione dei rapporti col mondo al di là dei confini sovietici, cercando di rimediare agli orrori della dittatura stalinista, Togliatti si schierò a favore della sua linea politica e portò il Partito comunista italiano a farsi promotore di un cambiamento democratico, intriso di quei valori su cui, da deputato alla Costituente, egli aveva giurato, e che secondo lui non andavano affatto in contraddizione con gli ideali del socialismo. Perché Palmiro Togliatti era un intellettuale, un uomo che ragionava. E la ragione, anche quando passa dalla parte del torto, indica sempre la giusta via e dissolve i fantasmi delle nostre paure: come quello della Rivoluzione.
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