IAN FLEMING: LA "LEGGENDA" DI JAMES BOND
Il suo nome era Fleming, Ian Fleming, e la sua vita era legata a doppio filo a quella del suo “pupillo”. Un personaggio frutto del suo estro e della sua fantasia ma perfettamente calato nella realtà. Fleming aveva studiato da militare, si era arruolato nella Royal Navy (la marina britannica) durante la Seconda guerra mondiale, ma aveva fatto anche il giornalista, spostandosi dalla sua Londra a Berlino e Mosca.
La passione per la scrittura, ma anche quella per l’avventura, portarono così Fleming a creare il suo alter ego: un uomo forte, coraggioso, elegante in smoking come in costume da bagno, che beveva Vodka Martini agitato e non mescolato e con la sua Walter PPK proteggeva i segreti della Corona e il sonno dei reali inglesi. Sto parlando di James Bond, naturalmente, l’agente segreto al servizio di Sua Maestà con la licenza di uccidere indicata dal suo numero identificativo, doppio zero e sette. 007 fece la sua prima comparsa in libreria nel 1953. A quel primo romanzo (“Casino Royale”) ne seguirono altri dodici, ciascuno scritto in soli due mesi nel suo ritiro spirituale, “Goldeneye”, occhio d’oro, la sua villa in Giamaica. Il nome di quella villa, nel 1995, ispirerà anche un film della saga di 007. Perché va detto, i libri di Fleming non ebbero un successo immediato. A far decollare le vendite furono i produttori Albert R. Broccoli e Harry Saltzman che decisero di portare le avventure di Bond sul grande schermo. Iconica la prima pellicola, “Agente 007 - Licenza di uccidere”, uscita nelle sale nel 1962: chi ha mai dimenticato la scena in spiaggia in cui lo 007 per antonomasia, Sean Connery, in pantaloni e polo azzurri, incontra Honey Rider, ovvero Ursula Andress, in un bikini bianco che ha segnato un’epoca. Sono stati infatti i film a rendere 007 un eroe internazionale, conosciuto in tutto il mondo, nei volti e nei corpi di attori rimasti per sempre legati a quel personaggio, come Connery, Roger Moore, Pierce Brosnan e Daniel Creig. Ian Fleming, però, non riuscì a vedere tutto questo. Gioì del successo del primo film, e continuò ancora a scrivere, ma il 12 agosto 1964, sessant’anni fa esatti, un attacco cardiaco se lo portò via prima che potesse assistere alla proiezione di un altro grande capitolo della saga, “Agente 007 - Missione Goldfinger", presentato un mese dopo. Eppure, Ian Fleming è ancora qui. Nelle pagine dei suoi libri, nei film che hanno raccontato al mondo le imprese di James Bond, al limite tra la realtà e la finzione spettacolare. Perché “Si vive solo due volte”, recitava il titolo di un altro suo romanzo su 007, ma una volta entrati nella leggenda, non si muore mai.
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