ALCIDE DE GASPERI, LA COSCIENZA POLITICA
All’ombra delle sue montagne, nel fresco silenzio dei boschi, circondato dall’affetto dei suoi cari. Se ne andò così, settant’anni fa, il 19 agosto 1954, Alcide De Gasperi, con la consapevolezza di aver fatto il suo dovere. Lo disse alla figlia Maria Romana, colei che nel 1947 l’aveva accompagnato negli Stati Uniti, dove era riuscito a strappare la promessa - poi divenuta impegno concreto - di un sostanzioso aiuto economico per la Ricostruzione post-bellica, il famoso “Piano Marshall”. «Adesso ho fatto tutto ciò che era in mio potere, la mia coscienza è in pace», rivelò alla figlia nella casa montana di Borgo Valsugana, in Trentino, lì dove, da giovane universitario cattolico - laureando all’Università di Vienna - aveva cominciato a interessarsi di politica mentre scriveva per alcuni quotidiani.
La parola, per De Gasperi, aveva sempre avuto un ruolo fondamentale. Proprio a colpi di parole, asciutte, concrete, decise, egli aveva portato avanti i suoi impegni. Iniziò con le battaglie dei trentini come lui che rivendicavano la propria italianità sotto la dominazione asburgica. Poi sfidò - tra il carcere e “l’esilio spirituale” nella Biblioteca Vaticana - il regime fascista, per poi contribuire alla Ricostruzione del Paese all’indomani della Seconda guerra mondiale, sia come presidente del Consiglio che come leader e fondatore della Democrazia cristiana (Dc), sotto il cui "scudo crociato" De Gasperi si impegnò nella difesa dei valori di un Paese libero e democratico, nel dialogo con le grandi potenze mondiali e nel rapporto di assistenza reciproca con gli altri paesi del Vecchio continente, ponendo la prima pietra per la realizzazione del sogno - purtroppo rimasto tale, o quasi - dell’Europa unita. Ma prima di essere un politico che guardava agli interessi del suo popolo, De Gasperi era un uomo. Un uomo semplice, un montanaro del trentino. Forte, coraggioso, umile, ostinato, di fede granitica. Quella fede cristiana che lo ha sempre guidato in ogni scelta di vita, prima che politica. Una fede da tenere rigorosamente al riparo dalla strumentalizzazione politica che ne avrebbe fatto il "suo" partito, che nel suo spirito originario rivendicava essere di ispirazione cattolica ma anche di idee laiche e indipendenti dalle direttive della Chiesa. Emblematico il caso delle elezioni comunali di Roma del ’52, quando il papa in persona, Pio XII, e i vertici dell’Associazione Cattolica spinsero De Gasperi e la Dc ad allearsi con il Movimento Sociale Italiano pur di scongiurare che le bandiere rosse sventolassero su San Pietro. Ma per De Gasperi, un uomo che aveva combattuto contro il fascismo, un compromesso del genere non poteva mai essere accettato. Dire di no al papa costò molto all’uomo, ma rappresentò un dovere per il politico. Perché la Democrazia cristiana era un partito laico e tale doveva restare. Lo ribadì anche nel suo ultimo discorso pubblico, alla fine di giugno del 1954, al Consiglio nazionale della Dc a Napoli. In quell'occasione De Gasperi passò il testimone alla cosiddetta seconda generazione, rappresentata da figure come Amintore Fanfani e Aldo Moro. Il suo discorso possedeva i toni di un vero e proprio testamento. Probabilmente sentiva di non avere più tempo. E infatti, quel tempo fuggì dalle sue mani. Appena due mesi dopo, quelle parole alla figlia e l'ultimo saluto alla sua terra, prima di chiudere gli occhi e consegnare alla storia il suo ricordo e il suo esempio.
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