CIAO, PHILIPPE!
Tutti lo ricorderanno come Yanez, il fedele compagno della “tigre” Sandokan (Kabir Bedi) dalle pagine di Salgari allo sceneggiato di Sollima. Molti, ancora, lo rammenteranno ladro-gentiluomo come il “professore”, leader di una banda di criminali internazionali in “Sette uomini d’oro” di Marco Vicario. Altri, invece, lo ricorderanno canuto e barbuto nei panni di Leonardo Da Vinci in un altro grande sceneggiato Rai.
Personalmente lo ricordo calvo, invecchiato, pieno di grinta e con la “erre” da francese parigino nei panni di vescovo di Terence Hill in abito talare, altrettanto aitante da lanciarsi da un aereo col paracadute a settant’anni suonati. Una passione che Philippe Leroy riscoprì in tarda età, dopo una giovinezza da sottotenente dei paracadutisti nell’esercito francese, tra la Legione Straniera e la guerra d’Algeria, prima di scoprire il cinema e di innamorarsene, dando anche lì prova delle sue doti fisiche e del suo fascino d’oltralpe, sebbene sia stata l’Italia, sua patria d’elezione, a dargli le maggiori soddisfazioni, umane e professionali. E nel doloroso momento dell’addio, sopraggiunto a novantatré anni, dopo una lunga malattia, quel “suo” pubblico non può essere da meno nel salutarlo con affetto. Ciao, Philippe!
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