Passa ai contenuti principali

 I FIORI DELL'AVVENIRE


"Non è possibile comprendere il presente, se non attraverso il passato prossimo e quello remoto. Ma non sarebbe sufficiente limitarsi all'esame del presente ed alla disamina del passato. La rievocazione dei singoli episodi della Resistenza, pur così luminosi, acquista vero significato solo se intesa a cogliere i motivi ideali e non quelli contingenti della lotta e della vittoria, perché il passato conforti nel presente ed ammaestri per l'avvenire." 

Gli ideali della Resistenza come sostegno nel presente e guida nell'avvenire. Lo scrisse, sulle colonne de Il Popolo, il 25 aprile 1956, Enrico Mattei, fondatore e presidente dell'ENI, uomo-chiave della Ricostruzione ma, ancor prima, membro del CLN Alta Italia e coordinatore dei gruppi partigiani "bianchi", ovvero i cattolici. 



Perché la Resistenza, emblema della cooperazione, del mutuo-soccorso, della falange armata contro l'oppressore era costituita da tante identità. Persone diverse, per sesso, estrazione sociale, credo politico e fede religiosa, unite però da un solo grande obiettivo: garantire al Paese un domani. Quel domani, costato feriti, morti, macerie, orrori, dolori fisici e psicologici, arrivò settantanove anni fa. Ma fu solo l'inizio. Il prologo di una Storia tutta da scrivere, di macerie da raccogliere, palazzi da ricostruire, vite da ricomporre con l'amara certezza di aver perso tanti, troppi pezzi di cuore. Ciò che siamo stati, ciò che siamo e saremo è il frutto di ideali profondi. Ideali che alcuni ignorano, altri tendono a dimenticare. Ideali di giustizia, di libertà, di umanità. Ideali sinceri, ideali comuni. Ideali in grado di contestare, dissacrare, distruggere e ricostruire. Ideali che hanno sì radici nel passato, ma anche gemme preziose pronte a sbocciare nel futuro. Buon 25 aprile!

                                                                                                                                                  A.M.M.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...