RENATO SALVATORI, "POVERO" DIMENTICATO
Dalla Versilia a Roma, dalla fama della "dolce vita" all'oblio. Ancora oggi, sul volto di Renato Salvatori è calato un velo. Quello dell'ingratitudine e della dimenticanza. Avrebbe compiuto novant'anni - nacque a Seravezza, in provincia di Lucca, il 20 marzo 1934 -, ma per la maggior parte del pubblico sarebbe rimasto ancora il fascinoso "bulletto" di Piazza Navona, perduto dietro le "curve" di Marisa Allasio, contesa con l'amico fraterno Maurizio Arena. Grazie a Dino Risi e alla trilogia di "Poveri ma belli", Renato Salvatori raggiunse la popolarità nazionale nei panni di un ragazzotto romano in apparenza "spaccone" ma in realtà profondamente ingenuo e di cuore.
Nei panni di bagnino del "Ciriola", lo stabilimento galleggiante sul Tevere ormeggiato all'ombra di Ponte Sant'Angelo, Salvatori rivisse se stesso quando era soltanto Giuseppe (questo il suo vero nome), bagnino a Forte dei Marmi. Proprio lì, venne scoperto da Luciano Emmer e portato a Roma, nel 1952, dove esordì accanto a Lucia Bosè ne "Le ragazze di piazza di Spagna". Solo quattro anni dopo, la trilogia di Risi e l'inizio di una carriera che sembrava destinata a non finire mai, come per tanti giovani della Roma cinematografica di fine anni '50.
Alto, biondo, prestante, di bell'aspetto, Renato Salvatori prese parte a numerose commedie di costume, passando da "Io, mammeta e tu" di Bragaglia, con Domenico Modugno e Rossella Como, a "La nonna Sabella" di Risi, con Sylva Koscina e Tina Pica, fino ad arrivare a "I soliti ignoti" di Monicelli, nei panni di Mario, membro dello sgangherato club di scassinatori capitanato da Vittorio Gassman. E che la "stoffa" dell'attore l'avesse, lo dimostrano soprattutto pellicole drammatiche, con cui iniziò a misurarsi fin da subito.
In alto, Renato Salvatori con Marcello Mastroianni ne "I soliti ignoti" (1958) di Monicelli. In basso, con Rossella Como in "Io, mammeta e tu" (1958) di Carlo Ludovico Bragaglia. |
"I magliari" di Rosi, "Vento del Sud" di Enzo Provenzale, "Era notte a Roma" di Rossellini , ma soprattutto "Rocco e i suoi fratelli" di Visconti, accanto all'amico Alain Delon e alla futura moglie Annie Girardot (che gli diede una figlia, Giulia).
In alto, Renato Salvatori e Belinda Lee ne "I magliari" (1958) di Francesco Rosi. In basso, Salvatori con Alain Delon in "Rocco e i suoi fratelli" (1960) di Luchino Visconti. |
Ciononostante, già a metà anni '60, Renato Salvatori vide diradare le sue occasioni lavorative, pur continuando a recitare, sia in Italia che in Francia (sostenuto da Alain Delon). Elio Petri, Florestano Vancini (che gli aveva dato il ruolo del terribile bandito bolognese ne "La banda Casaroli", nel 1962), tra film inchiesta e poliziotteschi, videro un maturo, appesantito e stempiato Salvatori impegnato in ruoli di contorno, disegnati comunque con maestria. Renato Salvatori cominciò a calarsi nell'oblio, lontano dalla "dolce vita" che lo aveva visto emergere per successi e scandali (come l'aggressione all'attrice Rossella Falk, di cui si era invaghito). Cadde vittima dell'alcol, visse anni complicati, ma alla fine, con una nuova compagna (Danka Schroeder) e un secondo figlio (Nils), Renato Salvatori aveva ricominciato a vivere. Militava nel Partito socialista, era responsabile delle relazioni esterne per il Ministro del Tesoro Signorile, ma era ormai troppo tardi. Il 27 marzo 1988, ad appena cinquantacinque anni, Renato Salvatori fu vinto dalla cirrosi epatica, andandosene via in punta di piedi. Una fine ingiusta, per un attore dal bel volto e dalle grandi qualità, nato "povero ma bello" e morto "povero e dimenticato".
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