ALBERTO RABAGLIATI, L’UOMO DELLO SWING
Sono trascorsi cinquant’anni dalla sua scomparsa, eppure, riascoltando la sua voce, vellutata, ritmata, molto “swing” si ritorna dolcemente indietro, in un’epoca lontana dove qualche nota rendeva bella la vita anche nel bel mezzo della guerra, come ricordava il titolo di un film con lui protagonista, diretto da Bragaglia nel 1943. Alberto Rabagliati, colui che “quando cantava” - per fare il verso a una sua canzone - le donne palpitavano d’amore. Colui che aveva provato a diventare “l’erede” di Rodolfo Valentino, vincendo un concorso della casa di produzione Fox, fallendo miseramente sulla collina di Hollywood.
Ma da quell’altura, porgendo l’orecchio, Rabagliati ascoltò il jazz, lo swing e tornò in Italia con un bagaglio musicale da mettere al servizio del Paese che allora, tra gli anni ’30 e ’40, era in mano ai fascisti che vietavano la musica straniera. Ma Rabagliati era Rabagliati: grande, grosso, elegante, dal sorriso largo e rassicurante, piaceva alle donne, era il simbolo del “maschio”. E quindi, che canti pure! L’EIAR, dai suoi microfoni, diffondeva la sua voce lungo tutto lo Stivale. “Il primo pensiero d’amore”, “Ba ba baciami piccina”, “Ma l’amore no”, “La strada nel bosco”, “Bambina innamorata” sono solo alcune delle sue canzoni più amate. Canzoni dolci, appassionate, spensierate, che tra film e onde radio riuscirono ad allietare il Bel Paese negli anni bui della guerra. Alberto Rabagliati diventò una delle “voci” più amate, in grado di stringere i cuori in un pianto collettivo e nazional popolare. Tuttavia, quella dolcezza, quel garbo fatto di eleganza e simpatia lasciarono ben presto il passo a canzoni diverse. Con gli Urlatori, la musica rock, la musica leggera, le “corde” di Rabagliati vennero ovattate, ma continuarono a vibrare, con discrezione. Ancora qualche film (un “cameo” anche ne “Il vedovo” di Risi accanto ad Alberto Sordi), qualche esibizione dolcemente nostalgica, e rare apparizioni televisive. Perché Alberto Rabagliati, in fondo, era un manifesto musicale: quello della gioia di vivere, dell’ottimismo, dell’amore romantico. Ecco che così, tra Mina e Raffaella Carrà, Rabagliati salutò il suo pubblico nella trasmissione “Milleluci” il 16 marzo 1974, otto giorni dopo la sua scomparsa. Sì, otto giorni dopo. Perché prima che una trombosi lo strappasse alla vita, Alberto Rabagliati riuscì a registrare quella puntata speciale, dedicata alla radio. E proprio grazie alla radio, grazie alla musica, “l’uomo dello swing” continua ad essere tra noi: in smoking, col suo pacioso sorriso, che canta d’amore a un ritmo sempreverde.
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