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GIANNI AGUS, UN ATTORE DALLE “SPALLE” LARGHE


 Sorriso smagliante, abiti sobri e gesticolare sicuro. Le “physique du rôle” perfetto per interpretare l’uomo di potere, sicuro di sé, un po’ prevaricatore, dalla collera facile. Gianni Agus è stato molto più di questo, diciamolo subito. Tuttavia se - come spero - la sua immagine è ancora viva nella mente dei più, sono convinto che tutti lo ricorderanno così: ad interpretare capiufficio boriosi, gerarchi fascisti, psicologi folli, impiegati inflessibili e tutto ciò che si sposava bene col suo volto dalla fronte spaziosa, sinonimo di intelligenza. 



Come dimenticarlo nei panni del direttore di Giandomenico Fracchia, umiliato e offeso per la sua inettitudine con sfuriate e urla incredibilmente “vere” che facevano seguito a larghi sorrisi, bianchi come le immacolate camicie tipiche di chi occupa posti di rilievo. Passando dalla Tv al cinema (“Fracchia la belva umana” di Neri Parenti), Paolo Villaggio trovò in Agus l’alter ego ideale, consegnandogli di fatto l’attestato di “spalla” per eccellenza. Ma il suo “assist”, Gianni Agus lo offrì a tantissimi attori fin dagli esordi. 


Gianni Agus con Giandomenico Fracchia (Paolo Villaggio) in uno sketch televisivo.

Dopo gli inizi nelle filodrammatiche della sua Cagliari - dove nacque il 17 agosto 1917 -, Agus si diplomò al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma entrando nella compagnia di Elsa Merlini e Renato Cialente prima, in quella di Ruggero Ruggeri poi come giovane attore di prosa. Furono però il varietà e il teatro di rivista ad accoglierlo quale “professionista” di comicità. Tra Carlo Dapporto e Rascel, tra Totò e Walter Chiari e dietro le “piume” della Wandissima Osiris, Gianni Agus portò tutta la sua elegante saggezza nel servire la battuta, nell’aiutare il comico di razza a costruire fenomenali tempi comici con la garanzia di risate sicure.


Da sinistra, Roland Bartrop, Gianni Agus e Totò ne "I due marescialli" (1961) di Sergio Corbucci.


Come in palcoscenico, così al cinema, dove Gianni Agus ebbe moltissime occasioni, pur apparendo quasi sempre in ruoli di carattere. Memorabile accanto a Totò ne “I due marescialli” di Corbucci, dove interpretava l’odioso podestà Pennica in perenne lite col falso maresciallo Antonio Capurro. 


Gianni Agus con Pappagone (Peppino De Filippo) in "Scala reale" (1966).


In televisione, invece, oltre che nelle vesti di direttore di Fracchia lo si ricorda ancora in “Scala reale” in supporto al Pappagone di Peppino De Filippo, o ancora accanto a Sandra Mondaini e Raimondo Vianello in numerose trasmissioni, come "Sai che ti dico?" e "Stasera niente di nuovo". Senza contare la radio, dove la sua voce possente ancora riecheggia. Però, però, tutto questo, forse, non gli renderebbe giustizia. 


Gianni Agus con Domenico Modugno ne "L'opera da tre soldi" di Brecht, regia di Strehler, 1973.


Perché Agus, come dicevamo, è stato molto di più di una “spalla”. E allora bisogna dire che affrontò il teatro classico, che si cimentò diverse volte con Pirandello (“I giganti della montagna” per la regia di Missiroli), che recitò anche ne “L’opera da tre soldi” di Brecht, per la regia di Giorgio Strehler, e che fu proprio il palcoscenico il suo maggior impegno negli ultimi anni di vita, prima di andar via, stroncato da un infarto, il 4 marzo di trent'anni fa. Vogliamo ancora ricordarlo semplicemente come una “spalla”? Se può contribuire a mantenerne viva la memoria, ben venga. In fondo, le sue “spalle”, sacrificate sugli altari della comicità nazionale, erano e restano abbastanza larghe per sopportarlo.

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