MARCO VIVE!
In piedi, sui pedali, ad assecondare tortuosi tornanti. Ricurvo sul manubrio, con l'orecchino scintillante al sole che illumina il pizzetto biondo, a pochi metri dall'arrivo, prima di spalancare le braccia esultando alla vittoria.
Sembra ancora di vederlo, Marco. Quel ragazzo magrolino, tenace come pochi, capace di vincere il Giro d'Italia e il Tour de France nello stesso anno, come solo pochi campioni avevano fatto prima di lui (e nessuno dopo). Sembra ancora di vederlo, il Pirata, con la sua bandana in testa, che sorride alla vita, dopo aver macinato chilometri, senza sosta, andando sempre forte al fine di "abbreviare la sua agonia". Invece la sua agonia è stata lunga, spietata. Madonna di Campiglio, il Giro del '99, la squalifica, l'accusa di doping. Marco Pantani viene emarginato e cade in depressione. Sembra ancora di vederlo, Pantani. Che non sorride più, che grida al complotto, che perde fiducia in se stesso. Un Pirata che non combatte, che sventola bandiera bianca. Sembra ancora di vederlo, vent'anni fa, lì, in quella stanza d'albergo, senza vita nel giorno in cui si festeggia una delle cose più importanti per l'esistenza umana: l'amore. Ed è proprio l'amore, quello dei suoi familiari, quello dei suoi fan a non rassegnarsi all'idea che il Pirata non ci sia più. Perché è vero, sembra ancora di vederlo. Marco che ride, Marco che sogna, che pedala, che vince. Marco che vive. Almeno, sembra.
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