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 MARINO GIROLAMI, "ARTIGIANO" DEL BELLO


Gioventù, sentimento, ironia, costume, commedia, equivoci, ilarità. Credo siano queste le parole chiave per comprendere la filmografia di Marino Girolami. Un regista nato centodieci anni fa - il 1° febbraio 1914 -, morto quasi trent'anni fa - il 20 febbraio 1994 - e consacrato per sempre al successo da decine e decine di commedie di vario genere e tipo. 




Romano de Roma, campione di pugilato, allievo del Centro sperimentale di cinematografia, "patriarca" di una famiglia d'artisti (dal fratello regista Romolo Guerrieri al figlio attore, il bel Enio Girolami), Girolami iniziò la sua carriera nel 1943 scrivendo il soggetto di una perla del neorealismo, "Campo de' fiori" di Bonnard, con Anna Magnani e Aldo Fabrizi, per poi esordire dietro la macchina da presa nei primi anni '50, prima in collaborazione con Marcello Marchesi e Vittorio Metz, poi da solo, dando libero sfogo alla propria fantasia e agli spunti che l'Italia del Dopoguerra offriva giornalmente a chi raccontava un'epoca straordinaria. 


In alto, Claudio Villa ed Enio Girolami in "Quanto sei bella Roma" (1959).
In basso, da sinistra, Valeria Fabrizi, Mario Carotenuto e Gino Ravazzini in "Caccia al marito" (1960).


Dai film musicali con Claudio Villa, a metà strada tra il melodramma ("C'è un sentiero nel cielo") e la commedia sentimentale ("Quanto sei bella Roma"), alle farse di ambientazione balneare tra "cumenda" come Mario Carotenuto e bellissime in bikini come Valeria Fabrizi, Marino Girolami ha dominato, nei fine settimana, le arene cinematografiche, colme di gente desiderosa di sorridere e divertirsi. 


In alto, Raimondo Vianello ne "Il mio amico Jekill" (1960).
In basso, Grazia Maria Spina e Walter Chiari in "La donna degli altri è sempre più bella" (1963).



E come non divertirsi davanti a esilaranti parodie come quelle affidate all'estro e alla simbiosi di coppie come Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello oppure Franco Franchi e Ciccio Ingrassia. Ma non si può non fare un accenno anche ad alcuni poliziotteschi realizzati negli anni '70, come "Roma a mano armata" (l'esordio di genere per il grande Maurizio Merli) poco prima di appendere la cinepresa al chiodo. Tuttavia, Marino Girolami resta indissolubilmente legato alle commedie degli anni '50 e '60, tra finti bulli e timide fanciulle, ragazze in bikini e aitanti giovanotti in cerca di conquiste, mariti marpioni e suocere racchie, donne bellissime e uomini cornuti in un guazzabuglio di sorrisi e lacrime, canzoni e battute che hanno fatto onore al nostro cinema. Spaccato di un mondo lontano dagli occhi ma vicino nel cuore per chi ama emozionarsi con poco. A patto che quel poco sia fatto di garbo, bravura e ironia sopraffina come Marino Girolami, modesto "artigiano" del bello, sapeva ben fare.

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