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 ARNOLDO FOÀ, L'INTELLIGENZA DELL'ESSERE


 La voce calda, arrochita dal fumo della pipa, lo sguardo sornione e quel sorriso piacione sotto il naso aquilino, su un volto dalle mille pieghe come il suo animo da profondo cultore del bello. Lo ricordiamo tutti Arnoldo Foà, da giovane e da vecchio, da brillante attore a drammaturgo, da poeta a doppiatore in una vita intensamente spesa in scena. Classe 1916, ferrarese, di origine ebraica, aveva sfidato le leggi razziali quando si trasferì a Roma per frequentare il Centro sperimentale ma il Regime lo escluse dai corsi. 


Ma Arnoldo Foà, deciso, caparbio, continuò a coltivare la sua passione, a calcare le scene, a frequentare le compagnie più prestigiose fino a diventare quello che tutti abbiamo conosciuto: un grande. Dai microfoni di Radio Rai al teatro di Visconti e Squarzina, dal cinema alla televisione, tra sceneggiati e fiction, Foà non si è fatto mancare nulla, mettendo al servizio del pubblico la sua passione sconfinata per il bello della conoscenza, per la cultura fruibile da tutti. Sono trascorsi dieci anni dalla sua scomparsa - era l'11 gennaio 2013 - ma la sua voce ronza ancora nelle nostre orecchie, mentre declama versi o recita battute, o mentre ride grassamente, con l'intelligenza di chi in vita si è posto mille domande alla ricerca di altrettante risposte, di chi si professava ateo ma era alla continua ricerca di una sua spiritualità. Di chi era umile e umilmente "era".

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