VACANZE ROMANE: UNA FAVOLA DA (RI)VIVERE
Una favola moderna. Talmente moderna da essere diventata un classico. Un film senza tempo, dove il bianco e nero congela il passato in un eterno presente in cui le principesse fuggono dalle responsabilità e i "principi" sono uomini comuni, affascinanti e mascalzoni.
"Vacanze romane" di William Wyler compie settant'anni - venne presentato ufficialmente al Festival di Venezia il 20 agosto 1953. La storia della giovane principessa Ania che, ignorando l'etichetta, si concede una giornata in libera uscita per le vie dell'Urbe incontrando sul suo cammino Joe Bradley, spiantato giornalista americano a caccia di scoop, rapisce immediatamente tutti coloro che sanno emozionarsi senza vergogna. Dai Fori Imperiali al Colosseo, da Via Margutta alla Bocca della Verità passando per Trinità dei Monti, Ania e Joe, anime scontente delle proprie vite, si incontrano, si sfruttano a vicenda (l'uno per dare una svolta alla propria carriera, l'altra per godersi una meritata pausa dalla noiosa vita di corte) e finiscono per innamorarsi perdutamente.
La Hepburn che gusta un gelato a Piazza di Spagna, che passeggia tra antiquari e fruttaroli. Peck che la scorrazza a bordo di una Vespa facendole apprezzare una città antica e magica. Fotogrammi indelebili nei nostri occhi e nei nostri cuori.
Grandi e piccole comparse italiane (dal fruttarolo Mimmo Poli al parrucchiere Paolo Carlini) sfruttate dallo star system americano che viveva di luce riflessa sulle sponde del "biondo" Tevere in cui placido navigava il barcone del Ciriola (che si intravede verso la fine del film). Un mondo lontano nel tempo, eppure così incredibilmente puro, semplice ed elegante da risultare ancora oggi irresistibile. Due star consacrate per sempre alla leggenda: la Hepburn e la Vespa Piaggio. Un Gregory Peck formidabile nel suo ruolo forse più noto ma senz'altro più amato. È difficile dire di più, spiegare ciò che è inspiegabile. Una storia d'amore che nasce, cresce, si consuma tra sguardi e teneri baci, concludendosi con un dolce addio che suona come un arrivederci. Ma ci sono solo due condizioni per capire davvero questo film. La prima, (ri)vederlo con gli occhi del passato. La seconda, essere in grado di sognare.
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