SERGIO ENDRIGO: LONTANO DAGLI OCCHI, NON DAL CUORE
"C'è gente che ama mille cose, e si perde per le strade del mondo". Uno dei suoi versi più famosi, da leggere pensando alla sua voce, calda e gentile. Per le strade del mondo, probabilmente, rischia di perdersi anche il suo ricordo. Sergio Endrigo è stato uno dei più grandi. Forse perché, come si dice in gergo, non era uno che "se la tirava". Eppure, senza retorica, è stata una delle voci più trasversali e umane della musica italiana.
Figlio di un cantante lirico, esule istriano - nacque a Pola novant'anni fa, il 15 giugno 1933 - , Endrigo ha cantato d'amore, ha toccato temi sociali, ha parlato d'ecologia e d'ambiente quando in pochi ne sentivano il bisogno. Ha fatto cantare i bambini grazie a brani come "Ci vuole un fiore", "Napoleone" - scritti con la collaborazione di Gianni Rodari - e "Il pappagallo". "Io che amo solo te", una delle canzoni d'amore più belle di sempre, a cui accennavo all'inizio, è il primo grande successo, nel 1962, quando riuscì a emergere nel mondo del cantautorato nazionale accanto a Gino Paoli, Luigi Tenco e Bruno Lauzi. Scorrendo la sua discografia spiccano "Teresa", "Lontano dagli occhi", "L'arca di Noè" - con cui si classificò a Sanremo rispettivamente al secondo e al terzo posto nel 1969 e nel 1970 - quali brani più popolari e conosciuti, per quanto diversi tra loro. Successi lontani nel tempo, ma vivi dentro chi ama la musica, la vera musica. Quella scritta col cuore, in parole e note. Quella che sembra sempre superata, eppure chiunque prova a replicare. Quella che ha composto un uomo andato via troppo presto, colpito da un cancro a soli settantadue anni. No, non ci si può perdere per le strade del mondo se si amano le cose importanti. Bisogna custodirle, soprattutto quando si tratta di ricordi. Ricordi preziosi come il ricordo di Sergio Endrigo: lontano dagli occhi ma non dal cuore.
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