Passa ai contenuti principali

 ROSSELLA FALK: D'ARTE E D'AMORE


"Sono tutte racchie e lei è una bella ragazza, la prenderanno di sicuro". Fu la vanità, al sentire queste parole di Giorgio De Lullo, a spingere Rossella Falk a iscriversi all'Accademia d'arte drammatica Silvio D'Amico. Quello sconosciuto incontrato, per caso, per le strade di Roma - e poi divenuto suo partner di scena nella "Compagnia dei Giovani" - aveva visto in quella diciannovenne ragazza di buona famiglia romana ciò che il pubblico avrebbe capito qualche anno dopo. 



Impeccabile caschetto, naso pronunciato, occhi maliardi, Rosa Antonia Falzacappa divenne fin da subito Rossella Falk: affascinante e sofisticata, seducente e ombrosa. Esordì appena diplomata all'Accademia nel ruolo della "figliastra" in "Sei personaggi in cerca d'autore" di Pirandello, al Teatro della Fenice di Venezia. Era il 1948. Da quell'istante, Rossella Falk diede inizio ad una carriera che - salvo una piccola interruzione - durò sessant'anni. Fu in compagnia con Paolo Stoppa e Rina Morelli all'Eliseo di Roma (di cui anni dopo fu direttore artistico per lungo tempo), al "Piccolo" di Milano con Strehler. 


La "Compagnia dei Giovani". Da sinistra, Giorgio De Lullo, Rossella Falk, Anna Maria Guarnieri e Romolo Valli.


Lavorò con Visconti, Costa e soprattutto Giuseppe Patroni Griffi nella "Compagnia dei Giovani", che fondò assieme a De Lullo, Romolo Valli e Anna Maria Guarnieri nel 1955, e dove rimase per circa vent'anni. Tra Tennesse Williams e Cechov, tra Ibsen e l'amato Pirandello Rossella Falk donò anima e corpo alla concretizzazione di personaggi femminili forti, volitivi, intensi. 


Rossella Falk con Romolo Valli in scena ne "Il giuoco delle parti" di Pirandello, nel 1970.


Al cinema e alla televisione, invece, Rossella Falk badò sempre poco, pur regalando pregevoli momenti in entrambi i casi, come nell'interpretazione della "coscienza" di Mastroianni in "8 1/2" di Fellini o in quella dell'affascinante e malinconica Olivia nello sceneggiato di D'Anza "Il segno del comando", dove i primi piani del suo volto regalano emozioni più di mille battute. L'intensità del suo sguardo era infatti qualcosa di profondamente conturbante, tanto da far cadere al tappeto molti uomini. 


In alto, Rossella Falk in "8 1/2" (1963) di Federico Fellini.
In basso, Rossella Falk con Ugo Pagliai nello sceneggiato "Il segno del comando" (1971) di Daniele D'Anza.


Perché nella vita di Rossella Falk non c'era soltanto l'arte, ma anche l'amore, tanto amore. Sposò prima  un ingegnere e poi un imprenditore ricchissimo, ma con entrambi non andò bene. Il primo le chiese di rinunciare ad avere un figlio, il secondo di lasciare il teatro, la sua passione. Amò poi, tanto, il collega Umberto Orsini, che si trovava con lei quando venne aggredita in strada, sotto casa, dal "povero ma bello" Renato Salvatori, che si era invaghito di lei. L'amore, insomma, fu il secondo polo attorno a cui ruotò la sua vita intensa, appassionata dentro e fuori la scena. 


Rossella Falk con Monica Vitti ne "La strana coppia" di Simon, nel 1986.


Ma il teatro, per Rossella Falk, valeva di più. Dopo un periodo di assenza dal palcoscenico su richiesta del secondo marito - che la ripagò con un tradimento -, negli anni '80 tornò sulle scene più in forma che mai, regalando capolavori come una straordinaria versione femminile de "La strana coppia" di Neil Simon, interpretata accanto a Monica Vitti per la regia di Franca Valeri. E dal palcoscenico, da quel momento, non poté più allontanarla nessuno, tranne il male che se la portò via dieci anni fa, il 5 maggio 2013. Il suo testamento? Forse è contenuto in una delle sue ultime fatiche, una lunga tournée internazionale in cui raccontò, tra ricordi, scritti e pensieri, Maria Callas (di cui era stata amica), dal titolo quanto mai evocativo della sua personalità: "Visse d'arte, Visse d'amore". 

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...