Passa ai contenuti principali

 ANDREOTTI, L'INDECIFRABILE

 

Freddo, fermo, impassibile, ironico, divertente, sagace. Si potrebbero sprecare tanti aggettivi, anche contraddittori, per descrivere una figura complessa e sfaccettata come la sua. E, forse, sarebbe inutile provare a definirlo in maniera univoca e precisa. Giulio Andreotti non è stato soltanto un uomo politico, uno dei più influenti della Prima Repubblica, prima, durante e dopo la sua genesi, il suo sviluppo e la sua disfatta. Andreotti è stato un fenomeno sociale, l'emblema della politica italiana di ispirazione cattolica, nata dalle ceneri della Seconda guerra mondiale e trasformatasi in un vero e proprio sistema di Poteri ancora oggi di difficile discernimento. 



Classe 1919, romano verace, laureato in Giurisprudenza, Giulio Andreotti ha fatto della politica la propria ragion d'essere, potremmo dire, dalla culla alla tomba. Mosse i primi passi nella FUCI, la federazione degli universitari cattolici, negli anni '30. Nel Dopoguerra, grazie ad Alcide De Gasperi, che considerava un maestro, entrò nelle fila della Democrazia cristiana (Dc) e lì rimase per quasi cinquant'anni, da giovane parlamentare nel 1948 a Senatore a vita nel 1991, passando per sette volte alla Presidenza del Consiglio e per più di venti volte tra vari ministeri. Giulio Andreotti ha conosciuto la miseria del Dopoguerra, la paura degli "Anni di piombo" e dello stragismo, l'incertezza del dopo Tangentopoli, quando i principali partiti del Paese, tra cui anche la Dc, vennero travolti dallo scandalo ponendo fine a un'Era politico-sociale di cui egli era stato tra i principali protagonisti, mostrandosi sempre come un osservatore cinico e distaccato. Enigmatico, questo è un altro aggettivo da attribuire alla sua caleidoscopica essenza d'uomo. Giulio Andreotti è stato sempre un po' impenetrabile. Pochi, o forse nessuno, hanno capito cosa pensasse realmente. Bugie, verità, depistaggi, accuse infamanti - come quella di collusione mafiosa, accertata dai giudici come sussistente almeno fino al 1980 - cadute in prescrizione o in fase di giudizio, lo hanno sempre sfiorato senza colpo ferire, come se fosse uno spettatore esterno al suo corpo, come se guardasse uno spettacolo di cui non era il protagonista dalla prima fila di una platea. Ma Andreotti è stato anche un grande umorista, raccogliendo con intelligenza e divertimento gli sfottò sulla sua figura gobba e occhialuta presentati da illustri comici (da Alighiero Noschese a Oreste Lionello), e divertendo egli stesso, regalando preziosi aforismi, di sua stesura o sentiti da terzi: da "Il potere logora chi non ce l'ha" a "Se è vero che un cristiano deve porgere l'altra guancia, è anche vero che il Signore, con molta intelligenza, di guance ce ne ha date soltanto due", passando per la leggendaria "A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina". Una personalità multiforme, fatta di luci e di ombre, di sorrisi e di ghigni, di fermezza e di timori, ma sempre, tuttavia, rigidamente eretta su se stessa, come un pesante blocco di marmo, pieno di scalfitture ma integro.

No, è impossibile dire chi sia stato davvero Andreotti. E forse è anche inutile domandarselo. Dieci anni dopo la sua scomparsa - avvenuta il 6 maggio 2013 - restano ancora tanti, troppi interrogativi inevasi. Perché la "Sfinge" - tra i suoi tanti soprannomi forse quello più azzeccato - il suo enigma non l'ha mai rivelato a chiare lettere. E così, occulto, è rimasto indecifrabile, come la sua ingombrante e oscura natura.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...