WILMA, SETTANT'ANNI SULLA RIVA DEL MISTERO
Era bella, Wilma. Una ragazza di ventuno anni, mora, promessa sposa di un poliziotto, brava figlia di famiglia modesta, romana. Una giovane normale, senza apparenti velleità, destinata a dominare la dolorosa cronaca nazionale per giorni, settimane, anni. Il 9 aprile 1953 scomparve da casa sua, in Via Tagliamento, per essere ritrovata senza vita due giorni dopo, alla vigilia di Pasqua, da un manovale sulla spiaggia di Torvajanica, sul litorale romano. Wilma Montesi, una ragazza qualunque, ritrovata distesa a pancia sotto, semivestita, senza calze, relativo reggicalze, e scarpe, sulla riva del mare, morta per annegamento. Inizialmente, sembra un caso di banale fatalità.
Si pensa a un pediluvio finito male (secondo la testimonianza della sorella, che soffriva come lei di rossore ai piedi), a un malore che la coglie mentre è a piedi nudi nell'acqua, lasciandola affogare respirando sabbia e acqua. Poi, arriva la verità, svelata tra inchieste giornalistiche (Silvio Noto sulla rivista "Attualità"), dichiarazioni sconvolgenti (Anna Maria Moneta Caglio, attricetta di infelici speranze), personaggi ambigui (il marchese Ugo Montagna, ammanicato in politica) e accusati insospettabili poi assolti (Piero Piccioni, celebre musicista figlio del politico democristiano Attilio). Wilma Montesi non sarebbe morta per un pediluvio a Ostia - come inizialmente creduto - a causa di un malore che l'avrebbe fatta rapire dalle acque e, a causa delle correnti, trasportata fino alla spiaggia di Torvajanica, a venti chilometri di distanza. Wilma Montesi sarebbe invece morta nella casa di caccia di Capocotta, proprietà del marchese Ugo Montagna, alla presenza del musicista Piero Piccioni, durante un festino a base di droga. Wilma, la ragazza perbene e illibata (come venne appurato dagli inquirenti), ospite di una serata di sesso, stupefacenti e politica. Qualcosa di grosso e di losco. Qualcosa di incredibile e inimmaginabile per l'Italia degli anni '50, che segue quella storia così torbida dalle pagine dei giornali, quando ancora la televisione non c'è, e solo le "colonne" dei quotidiani possono raccontare ciò che succede, di bello e di brutto. Di brutto c'è la storia di Wilma, inizialmente liquidata come un incidente fatale e archiviata, tra inchieste e dichiarazioni, nel 1957, come un omicidio. Wilma si sarebbe sentita male, forse in quella villa di Capocotta, e poi abbandonata sulla spiaggia di Torvajanica da qualcuno che credeva fosse morta. Ma Wilma era viva, e sarebbe morta soltanto dopo, respirando rena mista ad acqua salata sulla riva del mare. E su quella riva, settant'anni dopo, Wilma Montesi continua a giacere, inerme, sconfitta. Una ragazza perbene che sogna il matrimonio e una vita tranquilla e che invece si ritrova (forse) in un gioco più grande di lei, fidandosi delle persone sbagliate e trovando la morte. Una triste vicenda ancora oggi avvolta in un mistero che, probabilmente, non verrà mai risolto.
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