LUCA RONCONI, "MAESTRO" D'ENTUSIASMO
Geniale e rivoluzionario. "Figlio" di una generazione d'attori e registi che di fatto modificarono la tradizionale rappresentazione teatrale, ma con cura e sapienza. Avrebbe compiuto novant'anni oggi - era nato l'8 marzo 1933 - e sicuramente ci avrebbe regalato nuove indimenticabili pièce. L'ultima ("Lehman Trilogy" di Stefano Massini) andò in scena proprio nei giorni della sua scomparsa - sopraggiunta il 21 febbraio 2015.
La conclusione di una storia iniziata nel 1963, nella compagnia di Corrado Pani e Gian Maria Volonté, dieci anni dopo il diploma all'Accademia d'arte drammatica di Roma e il suo esordio come giovane attore al fianco di "maestri" del palcoscenico come Gassman, Squarzina, Costa e De Lullo. In poco più di cinquant'anni di carriera, dagli stabili di Torino e Roma al "Piccolo" di Milano fino ai più grandi teatri europei, non c'è genere, non c'è autore (nazionale e non) che Luca Ronconi non abbia messo in scena, passando da giovani attrici come Mariangela Melato a "vecchie glorie", ormai imbiancate ma ancora in forma, come Gianrico Tedeschi.
Dal teatro greco di Sofocle e Euripide a Pirandello, da Ariosto a Pasolini, da Shakespeare a Bond, passando per la lirica con Verdi e Puccini, Luca Ronconi si manteneva fedele al testo originale, alla sua genesi letteraria e al contesto in cui esso era stato prodotto, pur tuttavia inserendovi elementi come il movimento, la centralità dello spazio in relazione alla visione del singolo spettatore, puntando molto sul particolare "quid " aggiunto poi dall'interprete di turno. Il risultato? Opere non snaturate dal punto di vista testuale e contestuale ma fortemente di "impatto" dal punto di vista visivo, in grado di lasciare lo spettatore a bocca aperta. Col genio di un "maestro" e l'entusiasmo di un bambino.
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