Passa ai contenuti principali

 

IL SURREALE MONDO DI "JAC"


Salami, ossa e lische di pesce nei posti più disparati. Serpenti che strisciano ovunque, con i loro occhi stupiti. Mani e piedi dotati di braccia e gambe. "Donnoni" e omuncoli incolleriti protagonisti di vignette apparentemente senza senso, guazzabuglio di "nuvolette" parlanti e personaggi assurdi. Questo era il mondo di Benito Jacovitti, o meglio "Jac", come firmò per oltre cinquant'anni le sue esilaranti strisce a fumetti. 



Molisano, di Termoli - dove nacque un secolo fa, il 9 marzo 1923 -, legò la sua formidabile carriera a "Il Vittorioso", il settimanale cattolico su cui comparivano i suoi leggendari personaggi: da Pippo, Pertica e Palla (con cui esordì in "Pippo e gli inglesi", nel 1940) a Cocco Bill, il cowboy che sorseggia camomilla, fino a Jak Mandolino. 



Alcune vignette disegnate da Benito Jacovitti.


Attorno a loro gravitavano caricature animate di salami (cibo che amava molto) e serpentelli che spuntavano ai piedi dei personaggi e agli angoli di ogni vignetta, passando da "Il Giorno" al "Corriere dei Piccoli" e al celebre "Diario Vitt", l'agenda scolastica che ha accompagnato legioni di studenti dai primi anni '50 alla fine degli anni '70. Ma a caratterizzare i fumetti di Benito Jacovitti erano soprattutto i suoi protagonisti, più o meno celebri, anonimi o dichiarati, umani o animali. Uomini dalle pance gonfie e dalle braccia finissime, con grossi nasi e mascelle prominenti. Donne con i capelli cotonati, i volti allungati e gli "esagerati" seni. Tutti inseriti in tripudi di personaggi, tra strumenti musicali tirati sulla testa, serpenti sibilanti e salami in ogni dove per una ironia surreale, grottesca e (pur nella sua ilarità) a volte anche oscena.


Cocco Bill, uno dei personaggi più celebri creati da "Jac".


Benito Jacovitti, infatti, non venne mai compreso molto dai più e non fu immune da critiche. Fondamentalmente anarchico, burlone ad ogni costo (molte le parodie di celebri pubblicità, come il "Supercavallomaggiore" di Cocco Bill che faceva il verso alla benzina "Supercortemaggiore"), avverso al fascismo e alla destra (a dispetto del suo nome, volontà del papà "Marcista"), sagace e irriverente con la sinistra comunista, spietato coi partiti minori, aveva legato la sua immagine al mondo cattolico con una esilarante e riuscitissima campagna pubblicitaria per la Democrazia cristiana nel 1975. In realtà, "Jac" era fondamentalmente libero, sguazzando con piacere tra quei bizzarri personaggi. Era tuttavia considerato un illustratore per famiglie (a cui si rivolgevano i suoi stessi editori). 


Manifesto propagandistico per la Democrazia cristiana (1975).


Fu così che, nel 1977, quando insieme a Marcello Marchesi (autore dei testi) realizzò lo "scandaloso" "Kamasultra", dove i suoi strambi protagonisti mostravano assurde "posizioni" ironizzando sul celebre testo di cultura erotica indiana, furono in molti a storcere il naso, rimanendo delusi da un autore che, invece, era sempre stato considerato un vignettista per ragazzi. Probabilmente (secondo Goffredo Fofi) fu proprio questa la motivazione che portò la casa editrice AVE, produttrice del suo Diario, a interrompere la collaborazione con "Jac". 


Vignetta tratta dall'irriverente "Kamasultra" (1977).


Ciononostante, quel mondo lì, fatto di pistoleri dalla mira infallibile, cavalli parlanti, salumi animati e assurdi esseri umani (già finito tra le réclame di Carosello), arrivò anche sul piccolo schermo nella serie animata ispirata a "Cocco Bill", andata in onda la mattina, su Rai 2, nel 2001, pochi anni dopo la sua scomparsa (avvenuta  il 3 dicembre 1997). La ricordo con nostalgia, come una goccia di dolcezza prima di "amare" mattinate trascorse tra i banchi di scuola. Come ho memoria di un manifesto di Jacovitti affisso nella sala d'attesa del mio dentista, che ogni volta ammiravo come in estasi. Ricordi indelebili per me come per qualsiasi bambino o ragazzo che abbia conosciuto il genio di "Jac" e avrebbe voluto tanto vivere nel suo mondo fantasioso e surreale.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...