JANNACCI, GENIO E FANTASIA
Un artista "col coeur in man", col cuore in mano, come direbbero nella sua Milano. Quando ancora c'era la nebbia, i Navigli erano navigabili e il cabaret imperversava nei locali notturni.
Al Derby, Enzo Jannacci lasciò il cappello, tra sinfonie di battute e gag allietate dal pianoforte. Tra Cochi e Renato e Lino Toffolo, in coppia con Gaber, "Corsaro" del rock 'n' roll. Poi brani diventati immortali, come "Vengo anch'io. No, tu no", "La gallina" e "E la vita, la vita", tra ironia e nonsense, fino alla musica impegnata, come "Vincenzina e la fabbrica". Sempre "col coeur in man", da buon medico cardiologo quale era. Perché Enzo Jannacci non rinunciò a una professione per una passione. Bensì unì l'utile al dilettevole. L'amore per gli altri, l'impegno nella lotta alla sofferenza, del corpo e dell'animo, con le diagnosi e gli spartiti, tra uno stetoscopio e una chitarra, tra serio e faceto. In altre parole, un genio. Un genio col cuore in mano, volato via dieci anni fa, il 29 marzo 2013, portando con sé un mondo di gustosa ilarità ancora vivo nel ricordo. Come la Milano nebbiosa, i club di cabaret e i Navigli oggi navigabili solo con la fantasia. Quella dei geni.
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