FRANCO ZEFFIRELLI, LA PERSONIFICAZIONE DELL'ARTE
Sensibilità e gusto. L'arte di Franco Zeffirelli è racchiusa in queste due semplici parole. Che si trattasse di teatro o di cinema, ciò che non mancava mai era la bellezza delle ambientazioni. Non è un caso che la sua carriera, nel Dopoguerra, cominciò proprio come scenografo per Luchino Visconti, con "Troilo e Cressida" di Shakespeare.
La stessa bellezza la ritroviamo nelle sue opere teatrali da regista: l'"Amleto" con Giorgio Albertazzi e "La lupa" con Anna Magnani. Così come è presente nei suoi due film di consacrazione internazionale, "La bisbetica domata" e "Romeo e Giulietta".
Anna Magnani ne "La lupa" di Giovanni Verga al Teatro Pergola di Firenze (1965). |
Ma il medesimo gusto, sebbene dal punto di vista della commedia, lo troviamo anche nel suo film d'esordio, "Camping", con un gradevolissimo Nino Manfredi e una bellissima Marisa Allasio affiancati da un raffinato Paolo Ferrari. E la bellezza si unisce alla melodia della lirica nelle sue rivisitazioni de la "Turandot" e della "Tosca" di Puccini.
Da sinistra, Marisa Allasio, Paolo Ferrari e Nino Manfredi in "Camping" (1957). |
Il sublime, poi, lo raggiunse in quelle opere di profondo misticismo e di fede - da sincero cattolico -, il kolossal televisivo "Gesù di Nazareth" e il film "Fratello sole, sorella luna", sulla vita di San Francesco.
In alto, Leonard Whiting e Olivia Hussey in "Romeo e Giulietta" (1968). In basso, Robert Powell in "Gesù di Nazareth" (1977). |
Fede, speranza, amore, passione, musica, scenografie e costumi (altra sua prerogativa). Tutto tenuto insieme da un sol filo. Il filo dell'Arte personificata, dove sublime e gusto, due sole parole, racchiudono un mondo, il "suo" mondo, etereo ma percettibile. E ad un secolo dalla sua nascita, quel mondo, continua a parlarci di lui, della sua maestria e dei suoi sogni.
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