Passa ai contenuti principali

 LEOPOLDO TRIESTE: ESTRO, INTELLIGENZA E IRONIA DEL CINEMA ITALIANO


Dimenticare è un'ingiustizia. Specialmente se a essere dimenticato è chi ha fatto tanto per il nostro cinema. Leopoldo Trieste se ne andava vent'anni fa, il 25 gennaio 2003, per un infarto. Solo un anno prima, aveva partecipato al suo ultimo film, "Il consiglio d'Egitto" di Emidio Greco. L'ultimo di una schiera di ruoli, piccoli e grandi, osannati e dimenticati, che ne ha fatto uno dei più grandi interpreti nazionali. Ma Leopoldo Trieste non è stato soltanto questo. 



Egli era innanzitutto un uomo curioso, un fine intellettuale, laureato in filologia all'Università di Roma - città in cui giunse da Reggio Calabria, dove nacque il 3 maggio 1917. Appassionato di teatro, scrisse decine di commedie subito dopo il diploma in regia al Centro sperimentale. Poi l'approdo al cinema, come sceneggiatore, scrivendo opere come "Gioventù perduta" per Pietro Germi e  "Il cielo è rosso" e "Febbre di vivere" per Claudio Gora. 



Trieste e Fellini. In alto, Leopoldo Trieste con Brunella Bovo ne "Lo sceicco bianco" (1952).
In basso, da sinistra, Franco Fabrizi, Franco Interlenghi, Leopoldo Trieste, Riccardo Fellini e Alberto Sordi ne "I vitelloni" (1953).



La svolta della sua vita, però, fu l'incontro con Federico Fellini, che lo scelse nel ruolo del logorroico sposino mollato dalla giovane moglie (Brunella Bovo) per inseguire una sedicente star dei fotoromanzi (Alberto Sordi) ne "Lo sceicco bianco", nel 1952. L'anno successivo arrivò l'inconcludente commediografo di provincia de "I vitelloni", ancora per il regista riminese, e da allora la sua carriera prese il volo. 


La commedia all'italiana. In alto, Leopoldo Trieste e Mario Carotenuto ne "Un eroe dei nostri tempi" (1955) di Mario Monicelli. 
In basso, Adriana Giuffré, Leopoldo Trieste e Alberto Sordi ne "Il medico della mutua" (1968)di Luigi Zampa.



Lavorò con Monicelli ("Un eroe dei nostri tempi"), con Zampa ("Il medico della mutua"), con Germi, offrendo gran prova di sé in "Divorzio all'italiana" e "Sedotta e abbandonata". Di quest'ultima interpretò anche la parodia, "Sedotti e bidonati" di Bianchi con Franco e Ciccio, nel ruolo di don Marcuzzo, un sicario siciliano. 


Tra serio e faceto. In alto, Leopoldo Trieste con Daniela Rocca in "Divorzio all'italiana" (1961) di Pietro Germi.
In basso, con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia in "Sedotti e bidonati" (1964) di Giorgio Bianchi.




Ma i suoi occhi fuori dalle orbite, il sorriso serafico, l'espressione stordita o stralunata colpirono anche molti registi stranieri, come Francis Ford Coppola, che gli offrì un piccolo (ma significativo) ruolo ne "Il padrino - Parte II". Nell'ultimo ventennio di carriera, molti premi arrivarono grazie a film di giovani registi, come Tornatore, con "Nuovo cinema Paradiso" e "L'uomo delle stelle", o "Il manoscritto del Principe" di Roberto Andò.




In alto, Leopoldo Trieste con Robert De Niro ne "Il padrino - Parte II" (1974) di Francis Ford Coppola.
In basso, con Philippe Noiret in "Nuovo cinema Paradiso" (1988) di Giuseppe Tornatore.




 Si può dimenticare tutto questo? Io credo di no, e non solo perché sarebbe ingiusto nei suoi confronti. Ma soprattutto perché dimenticare Leopoldo Trieste significherebbe cancellare cinquant'anni di estro, intelligenza e ironia, e, indirettamente, cinquant'anni di storia del cinema italiano.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...