Passa ai contenuti principali

 MARIO RIVA, L'AMICO DEL SABATO SERA


 Sorriso rassicurante, voce calda e gesti familiari. Mario Riva sapeva entrare nelle case della gente. Con la simpatia del vicino di pianerottolo e la professionalità dell'uomo di spettacolo che ne aveva calcate tante di scene prima di arrivare lì, in video, davanti ai primissimi milioni di telespettatori che si divertivano a indovinare canzoni o ad ascoltare i racconti di illustri personaggi del cinema. "Il Musichiere" sembrava disegnato sulla sua immagine di distinto e bonario signore. Romano de Roma - città in cui nacque centodieci anni fa, il 26 gennaio 1913 -, Mariuccio Bonavolontà, per l'anagrafe, si divertiva a raccontare la "Città Eterna" degli anni '50. Quella genuina e popolare, quella in preda a fame ed "impicci" per sbarcare il lunario, tra ironia e battute sagaci. Tra il "Din don" del Gianicolo e il "Din Don Dan" di risposta di Sant'Angelo, come cantava nella memorabile sigla del "suo" programma ("Domenica è sempre domenica").




Ma a raccontare la fantasia e l'estro del popolo romano, Mario Riva aveva cominciato giovanissimo, passando in breve tempo dalle filodrammatiche al teatro radiofonico, prima come conduttore, poi come attore. Nel Dopoguerra arrivarono la rivista con Totò e Anna Magnani, la commedia musicale targata G & G e il leggendario successo in coppia con Riccardo Billi nella rivista radiofonica, da "La bisarca" a "Gli italiani son fatti così". Accanto a Billi, Mario Riva sbarcò ben presto anche nel mondo del cinema. Tra una commedia di Mattòli e una di Simonelli, la premiata ditta "Billi & Riva" sbalordì tutti con la sua ironia piena di garbo e intelligenza, accanto a "campionissimi" della risata come Alberto Sordi, Walter Chiari e Aldo Fabrizi. 


In alto, Mario Riva con Riccardo Billi in "Accadde al commissariato" (1954) di Giorgio Simonelli.
In basso, Mario Riva con la sua compagna, la soubrette Diana Dei.



E spesso ad accompagnarli, in scena come sul set, c'era anche la soubrette Diana Dei, con la quale Riva intrecciò una relazione clandestina - essendo lui già sposato - e dalla quale ebbe un figlio, Antonello. Dopo qualche anno, però, Mario Riva decise di intraprendere un'altra strada. Aveva adocchiato le potenzialità del piccolo schermo, che alla fine degli anni '50 stava cambiando il modo di fare spettacolo. 


Il Musichiere. In alto, Mario Riva con Lorella De Luca (a sinistra) e Alessandra Panaro (a destra). In basso, Mario Riva col maestro Gorni Kramer.
 


Così, la premiata ditta si sciolse e mentre Riccardo Billi tornò al teatro e al cinema (tra altalenanti successi), Mario Riva divenne uno dei più amati volti della neonata Rai TV quando nel 1957 "Il Musichiere" iniziò ad allietare il sabato sera degli italiani. Tra le "papere" e la timidezza di giovani e avvenenti vallette, come le "belle ma povere" Lorella De Luca e Alessandra Panaro, le musiche del maestro Gorni Kramer, le "corse" alla campanella dei concorrenti per indovinare il motivetto misterioso e vincere ricchi premi (o, come premio di consolazione, una Fiat 600) ed ospiti illustri come Gary Cooper, Louis Armstrong, o italianissimi beniamini del pubblico cinematografico e sportivo, come Marcello Mastroianni e Gino Bartali. Ma la vera "stella" era lui, Mario Riva. Con il suo charme, la sua gentilezza e l'immancabile accento romano che, nonostante tutto, lo rendeva comprensibile da Nord a Sud. Purtroppo, tutto questo era destinato a concludersi miseramente il 1° settembre 1960, quando Mario Riva morì prematuramente, all'ospedale di Verona, dove era stato ricoverato da alcuni giorni a seguito di una brutta caduta dal palcoscenico dell'Arena durante il "Festival del Musichiere". Ai funerali, svoltisi nella Basilica del Sacro Cuore Immacolato di Maria, in Piazza Euclide, a Roma, una folla di persone, tra uomini di spettacolo e gente comune, si riunì per l'ultimo saluto all'"amico del sabato sera". Un gesto d'affetto e devozione familiare nei confronti di un uomo perbene. Prima ancora che il "nientepopodimeno" dell'intrattenimento e di quella televisione che ha fatto scuola.

Commenti

Post popolari in questo blog

DON CARLO CASCONE, IL RICORDO DI UN SORRISO DOLCE Braccia dietro la schiena, busto leggermente inclinato in avanti e su, un piede dopo l'altro, per la salita di Sant'Antuono, col basco calcato in testa e la tonaca svolazzante. Me lo ricordo così, don Carlo Cascone, quando la mattina, con la pioggia o con il sole, veniva a celebrare la messa feriale a pochi passi da casa mia, nella chiesetta di Sant'Antuono. Ci incontravamo sempre: io andavo a scuola e lui usciva dalla chiesa, a messa finita, fermandosi a parlare con i suoi parrocchiani, tra cui c’erano anche le mie nonne, Rosa e Assunta. Classe 1920, nativo di Lettere, vicino Napoli, don Carlo ha trascorso per oltre cinquant’anni la sua vita, terrena, spirituale e missionaria, a Lagonegro, in provincia di Potenza, dove è stato ordinato sacerdote nel 1943.  Monsignore per merito e per grazia dei suoi fedeli, prete saggio, generoso e popolare, devotissimo della Madonna di Sirino, al cui seguito, per decenni, è salito sulla ve...
C'ERA UNA VOLTA, IL TEATRO DELLE VITTORIE! Nell’estate televisiva in cui le menti offuscate dall’afa si ridestano, a sera, ai ricordi di  Techetecheté , ci capiterà di rivederlo. Nelle sue splendide scenografie, dal bianco e nero al colore, nei conduttori in abito da sera, da Lelio Luttazzi a Fabrizio Frizzi, negli acuti di Mina, nella diplomazia di Pippo Baudo, nelle mille luci di una facciata, quella di uno dei teatri più celebri della Rai, che era essa stessa un inno al divertimento del sabato sera. Da qualche tempo, quell’ingresso, per anni abbandonato al degrado estetico, è stato restaurato ma “in povertà”, lontano dai fasti di una storia cominciata ottant'anni fa, nel 1944, quando il Teatro delle Vittorie, sito in via Col di Lana, a Roma, veniva inaugurato nientepopodimeno che da una rivista di Totò e Anna Magnani.   Il "luminoso" ingresso del Teatro delle Vittorie.   Il delle Vittorie era un grande teatro specializzato negli spettacoli di varietà e rivista. Bal...
GIUSEPPE GUIDA, PASSIONE MAESTRA Un maestro, nel senso più “elementare” del termine. Perché prima che professore, preside, sindaco democristiano, storico e scrittore, Giuseppe Guida è stato, a mio avviso, un maestro. E non solo perché si diplomò allo storico Istituto Magistrale di Lagonegro. Giuseppe Guida possedeva infatti le qualità che - sempre a mio parere - dovrebbero essere proprie di un vero insegnante elementare (e non solo): empatia, sguardo lungo, curiosità, intelligenza. E di intelligenza “Peppino” Guida diede dimostrazione fin da bambino.  Nato il 17 settembre 1914, da proprietari terrieri del Farno, zona rurale alle porte di Lagonegro (Pz), Peppino era terzo di sette figli e i genitori, per permettergli di studiare, lo affidarono agli zii materni, commercianti, che si occuparono della sua istruzione. I loro sacrifici non furono vani e infatti Peppino Guida diede prova di grandi capacità intellettive e non solo. Accanto alla passione per gli studi umanistici, che lo con...