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 DALIDA: LA VOCE CHE NON  È MAI ANDATA VIA


"E un bel giorno dire basta e andare via". Parole profetiche per chi fosse intenzionato a mollare tutto. Lo furono per Luigi Tenco, che quella canzone - "Ciao amore, ciao" - l'aveva scritta e forse anche per lei, innamoratasi di quel brano come del suo autore. Perché tra Dalida e Luigi Tenco, il tenebroso cantautore suicidatosi in una camera d'albergo nel gennaio '67 durante il Festival di Sanremo, c'era qualcosa. Che fosse amicizia, che fosse amore o più semplicemente affinità d'anime e d'intenti non si è mai saputo. Fatto sta che Dalida condivise la sua stessa scelta: farla finita, mettere un punto alla sua vita ingerendo un quantitativo eccessivo di barbiturici. Se le cose fossero andate diversamente, oggi Iolanda Cristina Gigliotti - nata a Il Cairo, il 17 gennaio 1933, da genitori italiani di origini calabresi - avrebbe compiuto novant'anni. 




Invece no. C'è rimasta soltanto la sua voce, roca, sensuale, malinconica, che continua a vivere nelle decine di dischi pubblicati, in brani indimenticabili, come il sopracitato "Ciao amore, ciao", che Tenco portò a Sanremo proprio per sua volontà. Ad unire i due, però, oltre quella canzone c'era tanto altro. Insoddisfazione, sofferenza, depressione. Dalida aveva avuto già tanto: dall'elezione a "Miss Egitto" ai set cinematografici d'Europa arrivando alla canzone, divenendo una delle più amate artiste in Francia, in quella Parigi che divenne la sua seconda patria. Ma Dalida aveva avuto anche tante delusioni. Un matrimonio infelice, amori grandi finiti male, un aborto, la conseguente impossibilità di avere figli, il suicidio dell'ex marito avevano spento quegli occhi pieni di vita e di passione. Provò due volte a suicidarsi. La prima un mese dopo Tenco, in una camera d'albergo di Parigi. Poi, quella fatale, nella notte tra il 2 e il 3 maggio 1987. Si liberò della servitù con una scusa, si chiuse in casa e compì l'unico gesto che riteneva sensato. Dire basta, e andare via. Tenco parlava di campi difficili da arare, di stenti, di povera gente. Ma chissà se dietro quelle parole dolci e malinconiche non si nascondesse la profonda sofferenza di un uomo stanco. Magari, quel significato recondito l'aveva colto anche lei, Dalida, innamoratasi di quel brano sfortunato. Non si sa, non si può sapere, ma una cosa è certa: come Tenco, anche lei non è andata via. La sua voce, custodita tra i solchi di vinili impolverati in vecchie custodie, continua a cantare per lei. E per quella voce, il momento di andar via non arriverà. Mai.

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