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 SIGNORE E SIGNORI...DON LURIO!


 È difficile accettare che ad andar via sia chi ci ha tenuto compagnia per anni, con la sua professionalità e la sua simpatia. Perché Don Lurio era ben più di un coreografo e di un ballerino. Era un vero personaggio: uno che, più che ideare coreografie, le rappresentava, in volto e gambe. Benché a suscitare l'attenzione del pubblico (quello maschile, perlomeno) fossero soprattutto le gambe di Alice ed Ellen Kessler, portate da lui in Italia alla fine degli anni '50, facendone nascere il mito in "Studio Uno" '61, regia di Antonello Falqui. Don Lurio era già da qualche anno nel nostro Paese.




Dopo gli esordi a Broadway, nella sua New York - dove nacque il 15 novembre 1929 -, e una carriera di pieno respiro a Parigi, quel piccoletto dal sorriso largo e le orecchie grandi venne notato da alcuni dirigenti Rai e tanto bastò. Donald Benjamin Lurio divenne per tutti Don Lurio, un concentrato di talento, grazia e simpatia in appena un metro e mezzo d'altezza. All'ombra delle Kessler, illuminato dal fascino del bianco e nero, egli divenne uno dei simboli del varietà del sabato sera, collaborando con grandi artisti di quella Tv lì, come Delia Scala, Mina e Lola Falana, la "venere nera". Poi, quella stagione finì e Don Lurio scomparve nei cassetti dei ricordi, come scintillanti abiti da scena che avevano ormai fatto il loro tempo. Non mancarono sporadiche apparizioni televisive negli ultimi anni della sua vita, ma Don Lurio aveva preferito distaccarsi da quel mondo in cui non si riconosceva più, dove la professionalità e il garbo avevano lasciato spazio al pressapochismo e alla maleducazione. Fu anche per questo che, quando se ne andò vent'anni fa - il 26 gennaio 2003, per colpa di un attacco cardiaco -, il pubblico di affezionati spettatori lo salutò con la tristezza nel cuore e qualche lacrima agli occhi. Perché Don Lurio era Don Lurio. Era ironia, col suo inconfondibile accento italo-americano. Era luci, musica, stacchetti, gambe, piedi, coordinazione, bravura, competenza ed eleganza. Quella della Tv che fu, quella che ci manca.

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