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 CESARE FANTONI, FIGURA E RISERBO


Si può. Si può lasciare il segno senza dare sgomitate, senza essere sempre al centro dell'attenzione ma semplicemente facendo del proprio meglio. Cesare Fantoni è stato uno di questi. Non ha mai brillato per protagonismo, eppure le sue interpretazioni seppero garantirgli quella visibilità che, purtroppo, solo il tempo e la poca memoria hanno offuscato. Bolognese - nacque nella "città delle due Torri" il 1° gennaio 1905 -, affascinante, dallo sguardo serio e dal portamento elegante, Cesare Fantoni iniziò a calcare il palcoscenico da giovanissimo, appena diplomato ragioniere, cimentandosi col teatro di prosa. Già negli anni '30 divenne uno dei più apprezzati attori nella Compagnia del Teatro Eliseo, a Roma, ma fu nel Dopoguerra che Fantoni riuscì a dar gran prova di sé sotto la direzione di Luchino Visconti, cimentandosi con pièce di Anouilh, Shakespeare e Williams (la prima edizione italiana de "Un tram che si chiama desiderio"). Ma fu anche in compagnia con la Brignone, con la Pagnani, Ferzetti e Foà. Grazie alla sua voce calda e rassicurante si cimentò nel doppiaggio, anche se il cinema non gli diede mai grandi opportunità.



Sui set fin dalla fine degli anni '30, Cesare Fantoni non ottenne mai ruoli di primo piano, ma soltanto personaggi di contorno, lavorando tuttavia con registi come Germi, Lizzani, Camerini ma anche con Mattòli, Bragaglia e Steno. Con quest'ultimo, interpretò il medesimo ruolo, quello del parroco don Ignazio, in due film accanto a Totò. Fu infatti il confessore che convince il cavalier Pezzella/Totò a restituire la borsa  sottratta al maresciallo Topponi/Fabrizi pur di non pagare una salatissima multa per evasione ne "I tartassati". E poi il sacerdote a cui la povera Amalia/Nadia Gray chiede consiglio ritrovatasi di colpo sposata con due uomini, ovvero il professor Castagnano/Peppino De Filippo e il redivivo Antonio Di Cosimo/Totò, dichiarato morto nella Campagna di Russia ma ripresentatosi all'improvviso al talamo nuziale nell'esilarante "Letto a tre piazze". 


Cesare Fantoni con Totò ne "I tartassati" (1959) di Steno.


Ruoli piccoli, marginali ma comunque in grado di evidenziarne la presenza scenica e la recitazione sempre misurata. Fantoni, infatti, fu soprattutto un grande attore di teatro. Tuttavia che si trattasse del palcoscenico o di un set cinematografico egli riuscì sempre a sottolineare, in gesti e voce, una notevole competenza e anche un singolare charme, trasmesso poi a suo figlio Sergio che, come e più di lui, si fece strada nel mondo dell'arte, tra teatro, cinema e televisione. Insomma, a sessant'anni dalla sua morte - avvenuta prematuramente il 15 gennaio 1963 -, credevo fosse giusto ridare lustro ad un nome come il suo. Così altisonante, così dimenticato ma in grado di richiamare alla mente non solo pièce e film che - in maniera diversa, a livelli diversi - rappresentano la storia del nostro spettacolo, ma soprattutto un artista che, pur con riserbo, ha sempre fatto la sua figura.

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