PAOLO VILLAGGIO, GENIO E SREGOLATEZZA
Non era un uomo facile. Come tutti i geni, Paolo Villaggio aveva, al di là della sua "maschera", una personalità molto forte, decisa. Era una persona intelligente, un attento osservatore in grado di estrapolare dalla quotidianità gesti ed espressioni da portare in scena con maestria. Nacque novant'anni fa, il 30 dicembre 1932, in quella Genova "grigia come il vento che gonfia il cuore al marinaio", come cantava l'amico Gino Paoli. Solo che, col tempo, il grigio del cielo divenne quello delle ciminiere dell'Italsider, dove il giovane Villaggio trovò un impiego nel Dopoguerra. Quella stessa azienda che, sotto le mentite spoglie della "Megaditta", sarebbe divenuto il luogo perfetto per raccontare le sue vicissitudine da "mezzamanica", oppresso dal circuito burocratico-amministrativo del settore impiegatizio.
Basco nero in testa, completo grigio o color pastello, a bordo di una bianca Bianchina - candida come il suo proprietario - il ragionier Ugo Fantozzi divenne un piccolo antieroe alle prese con i problemi della vita di tutti i giorni. Tra mediocrità, squallidi arrivisti, ingiustizie e manie di onnipotenza, colleghi invadenti e stralunati (Filini), grottesche famiglie affettuose - la Pina e la scimmiesca figlia Mariangela - e goffe evasioni coniugali quasi esclusivamente platoniche (la signorina Silvani). Più di Giandomenico Fracchia, più del professor Kranz, suoi personaggi di esordio a "Quelli della domenica", programma cult del 1968, il ragionier Fantozzi è stato per Paolo Villaggio l'alter ego perfetto.
Paolo Villaggio nei panni del professor Kranz in "Quelli della domenica" (1968). |
Timido, gentile, perennemente vessato dal prepotente di turno, tenero fino all'inverosimile. Su quel calco lì, Paolo Villaggio ha poi plasmato altri personaggi per il grande schermo: dal pompiere Paolo Casalotti de "I pompieri" e "Missione eroica - I pompieri 2" all'aspirante ladro Dalmazio Siraghi nel dittico "Scuola di ladri", fino a Paolo, compagno di disavventure di Renato (Renato Pozzetto) nella trilogia de "Le comiche".
Ma, come dicevamo, Paolo Villaggio non era la sua "maschera". Paolo Villaggio era un uomo non facile, un uomo intelligente, un fine intellettuale. Amico, fin dalla giovinezza, di De André, per cui fu un ottimo paroliere. Amico di Gassman, Squarzina, Tognazzi e Fellini. Attore di cabaret e di teatro, prima che di televisione e di cinema. Autore di libri - Fantozzi era un personaggio letterario prima di essere portato in video da Luciano Salce e Neri Parenti -, amante della letteratura e della cultura in toto.
In alto, Paolo Villaggio con Liù Bosisio e Plinio Fernando in "Fantozzi" (1975) di Luciano Salce. In basso, con Anna Mazzamauro in "Fantozzi va in pensione" (1988) di Neri Parenti. |
Talmente appassionato da essere credibile nei panni del maestro Marco, dolce insegnate a cui venne affidata una scalcinata classe elementare del napoletano in quel piccolo capolavoro che fu "Io speriamo che me la cavo" di Lina Wertmüller. Ecco, Paolo Villaggio era tutto questo. Era Fantozzi e il suo esatto opposto. Era timido e sfacciato, dolce e scontroso, fragile e tenace, candido e malizioso. Un personaggio ingombrante, e non solo in senso fisico.
Paolo Villaggio con Adriano Pantaleo in "Io speriamo che me la cavo" (1992) di Lina Wertmüller. |
Un genio, lo dicevo all'inizio, e per questo anche sregolato. Amante del cibo e della buona cucina tanto da non conoscerne i limiti anche quando le sue condizioni di salute lo avrebbero richiesto. Così, il 3 luglio 2017, Paolo Villaggio se ne andò, lasciando un vuoto profondo in tutti quelli che lo avevano amato. Perché non era un uomo facile, lo abbiamo detto all'inizio, ma il suo volto rotondo, il suo sguardo da bambino, la sua tenerezza interpretativa e la profonda intelligenza che lo aveva reso credibile anche nei panni dello sciocco sfigato, erano lo specchio della sua profonda sincerità d'animo e della sua grandezza.
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