GRAZIE, LANDO!
È vero, quando qualcuno muore chiunque è pronto a tesserne lodi. "Era una brava persona", la più gettonata. Ma qui non si tratta di buonismo. Si tratta semplicemente di dire le cose come stanno, senza retorica e senza reticenze. Lando Buzzanca è stato un grande attore. Lo è stato, appunto, perché la sua tragica scomparsa, tra malattie e trascorsi clinici ancora non perfettamente chiariti (se ne parlava da tempo) non ha svelato nulla di più di quel che già si sapeva. Lando Buzzanca ha avuto una sola colpa: quella di essersi legato per tanto, troppo tempo all'immagine dell' "homo italicus", donnaiolo incallito, maschio geloso e virile, che la commedia sexy e l'"eroticus" sdoganarono a mani basse nei "caldi" (in tutti i sensi) anni '70. Che "Il merlo maschio" (1971) di Pasquale Festa Campanile gli abbia dato la fama internazionale è la verità, come è vero che sono tante le pellicole di "genere" da lui interpretate.
È tuttavia giusto anche dire che Lando Buzzanca, a differenza di molti divenuti celebri per quei film "audaci", è stato colpevolizzato eccessivamente. Senza contare che, rispetto ad altri, non è rimasto chiuso in quell'universo ormai appartenente ad un passato dimenticato e (da tanti, forse) rigettato. Lando Buzzanca era figlio d'arte (suo zio, Gino Buzzanca, fu un grande caratterista, guest star in molte pellicole comiche, in primis quelle di Franco e Ciccio), e dopo il diploma all'Accademia Sharoff di Roma - dove arrivò dalla natia Palermo neanche ventenne, arrabattandosi in molti lavori pur di pagarsi gli studi - esordì in piccoli ruoli prima di essere scoperto da Pietro Germi che gli offrì una parte in due classici della commedia all'italiana: "Signore & signori" e "Divorzio all'italiana". Da lì, prima di approdare agli "scottanti" film di cui sopra, ha recitato in molte pellicole comico-farsesche e parodie - come "Ringo e Gringo contro tutti", accanto a Raimondo Vianello - , cimentandosi anche con la televisione, dove nel 1970, in coppia con Delia Scala, fece incetta di applausi e complimenti col varietà "Signora e Signore". Poi quella parentesi cinematografica che, tuttavia, lo ha visto percorrere contemporaneamente altre strade, come la radio, che gli ha permesso di modulare e migliorare la sua calda voce. Col passare del tempo e i capelli bianchi, il suo sorriso malandrino sotto il naso aquilino comparve anche in teatro e ancora in tv, dove le moderne fiction gli hanno permesso di misurarsi con ruoli drammatici, umani e appassionati. Dal commissario Vivaldi, che inizialmente fatica ad accettare di avere un figlio omosessuale, al restauratore Basilio, ex poliziotto in grado di prevedere, toccando degli oggetti, eventi futuri evitando disgrazie e ingiustizie. Parti impegnative dove la commedia si mescola alla tragedia ma in un armonico disegno di gesti, sguardi e immagini in cui Lando è sempre stato all'altezza. Questo non è buonismo. Questo è saper fare i conti e "dare a Cesare quel che è di Cesare". Lando Buzzanca avrebbe meritato di più. Più spazio, più onori, più riconoscimenti. Sicuramente meritava un finale diverso, ma quello, purtroppo, non siamo noi a scriverlo. Tuttavia, c'è una cosa che possiamo fare. Rimediare a quello che avremmo dovuto fare tempo fa. Fargli sentire di più il nostro affetto, dimostrargli la nostra riconoscenza. Pertanto, l'unica cosa che posso aggiungere a quanto già scritto è una semplice e sincera frase: grazie, Lando!
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